Dopo un mese di sostanziale paralisi della attività di governo e, di conseguenza, del Parlamento, martedì scorso l’esecutivo ha ottenuto una fiducia risicata, numerica non certo politica: davvero si è trattato di una vittoria di Pirro. Assicura per ora la sopravvivenza del governo, non certo la governabilità. Alla Camera dei Deputati la mozione di sfiducia è stata bocciata per appena tre voti, senza che il fronte della destra raggiungesse la maggioranza assoluta. I 314 no alla sfiducia sono arrivati anche grazie ai voti espressi da qualche deputato, appena fuoriuscito da gruppi di opposizione.
Il passaggio da un gruppo parlamentare ad un altro è, sempre a mio giudizio, un fatto grave: un minimo di etica politica richiederebbe, a chi legittimamente cambi idea, di dimettersi. Anche il Pd su questi comportamenti deve diventare più intransigente. Ma questo trasmigrare da un partito a un altro è inammissibile in presenza di una legge elettorale che impedisce ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti, obbligando a votare per liste bloccate di partiti.
Quello che emerge è un quadro confuso. Il governo non è in grado di affrontare i grandi temi della crisi economica e sociale: dal risanamento allo sviluppo, dal bisogno di lavoro al welfare.
Così non si può andare avanti. Da oltre cinque mesi è in corso una crisi della maggioranza. Il governo di destra non ha saputo risolvere i problemi dei cittadini, pur disponendo di una delle maggioranze parlamentari più ampie nella storia della Repubblica. Certamente non sarà in grado di farlo d’ora in avanti. In questi due anni e mezzo l’Italia è arretrata, subendo le conseguenze di una crisi economica che ha messo in ginocchio le famiglie, i lavoratori, i giovani. Le politiche del governo hanno colpito i settori più importanti per il presente e il futuro del nostro paese: la cultura, l’istruzione, la ricerca, il volontariato.

Di fronte ad una situazione del paese tanto difficile, la strada più utile è quella di un governo di responsabilità nazionale. Servono provvedimenti urgenti per il rilancio dell’economia, per sostenere i ceti a reddito medio-basso, per affrontare il problema della disoccupazione.
Non possiamo tornare a votare con la attuale legge elettorale: sarebbe dannoso per l’Italia.

Bisogna superare il premio di maggioranza, così come è previsto nel cosiddetto “porcellum”: oggi una lista o coalizione che consegua il maggior numero di voti – fosse anche il 25 per cento –  ottiene il 54 per cento dei seggi alla Camera. Al tempo stesso deve essere restituita ai cittadini la possibilità di scegliere non solo le maggioranze di governo ma anche i propri rappresentanti in Parlamento.
Quella che viene definita Seconda Repubblica manca di fondamenti istituzionali e normativi. Devono essere realizzati insieme, non dalla sola maggioranza del momento. Poi la parola dovrà tornare ai cittadini e il centrodestra e il centrosinistra torneranno a svolgere il loro ruolo, presentando piattaforme programmatiche alternative.
Il Pd in questa difficile fase politica ha dimostrato compattezza e determinazione sia alla Camera che al Senato.
Spetta in primo luogo a noi il compito di mandare casa il governo Berlusconi e di aprire una fase nuova per l’Italia.