“La ripresa dalla crisi economica non deve significare il ritorno alle politiche fallaci e ingiuste del passato”. Lo ha detto il presidente Spagnolo Josè Luis Zapatero. A supporto di questa visione per il futuro, il Presidente francese Nicolas Sarkozy ha proposto di introdurre una tassa universale sulle transazioni finanziarie per sostenere la lotta contro la povertà e raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite. La proposta ha subito trovato il sostegno dei colleghi della Spagna, della Germania e del Brasile. “Perché non dovremmo chiedere alla finanza di partecipare alla stabilità globale?” si è domandato Sarkozy.
I paesi ricchi sembrano “distratti” rispetto al sostegno allo sviluppo: il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon ha denunciato un buco di 26 miliardi di dollari nei fondi promessi e non versati nel 2009.
In occasione dell’ultimo Vertice Mondiale sulla Sicurezza Alimentare, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha sottolineato che nel 2009 circa 1 miliardo di persone ha sofferto la fame. Più di un quarto dei bambini nelle aree in via di sviluppo è sottopeso. E’ una realtà contro cui abbiamo il dovere di ribellarci. Non si possono tollerare tali ingiustizie.
E’ necessario riflettere sui limiti di un modello economico mondiale contrassegnato dall’assenza di valori, fondato sulla speculazione e sulla finanza disonesta. Questa deriva è la causa principale anche della profonda crisi economica che stiamo attraversando.
Il predominio della finanza sull’economia e sulla politica è tuttora una realtà. Gli Stati e le organizzazioni internazionali non hanno ancora trovato un accordo per imporre un nuovo sistema di regole a livello globale.

“Gli speculatori possono essere innocui se sono delle bolle sopra un flusso regolare di intraprese economiche; ma la situazione è seria se le imprese diventano una bolla sospesa sopra un vortice di speculazioni” così diceva John Maynard Keynes, e questo abbiamo visto realizzarsi sotto i nostri occhi.
La sfida da vincere a livello mondiale è quella di cambiare la finanza, affermando regole rigorose e trasparenti; dar vita ad un diverso sviluppo, che eviti sprechi di risorse e distruzione dell’ambiente. L’impegno per un mondo migliore deve avere come obiettivo una globalizzazione non solo dell’economia e della finanza, ma anche dei diritti umani e della democrazia. Una globalizzazione che offra reali possibilità di redistribuzione della ricchezza, e che consenta un’effettiva realizzazione, attraverso il lavoro, della persona umana.

Insieme alla costruzione di un nuovo sistema di regole, è giusto chiedere al mondo della finanza un contributo per sostenere gli obiettivi legati allo sviluppo delle realtà più povere del Pianeta. Questa operazione di solidarietà ed equità servirebbe a penalizzare le operazioni speculative e a riequilibrare la pressione fiscale che, in tutto il mondo, grava troppo sui redditi da lavoro e troppo poco sulle rendite da capitale.
Quest’ultimo aspetto in Italia si presenta più grave che nel resto d’Europa. Le rendite finanziarie da noi sono graziate: vengono tassate al 12,5% mentre negli altri paesi europei lo sono al 20%. Un lavoratore italiano versa all’erario un’imposta sulle persone fisiche che va dal 23% al 43%, in base alla fascia di reddito d’appartenenza. La differenza salta subito all’occhio e mostra tutta l’iniquità del nostro sistema, che sembra incentivare la speculazione e scoraggiare chi vuole mantenere se stesso e la propria famiglia lavorando ogni giorno con dedizione e dignità.