Il testo della riforma sanitaria voluta dal Presidente degli Stati Uniti Obama prevede il finanziamento di un nuovo sistema di valutazione del benessere attraverso “indicatori nazionali chiave”. Questo sistema dirà ai cittadini americani quali settori della loro società dovranno essere migliorati.
Fino ad oggi la crescita economica è stata considerata, di fatto, l’unico indicatore con cui valutare la prosperità dei popoli. I freddi numeri del Prodotto Interno Lordo – cioè il valore complessivo dei beni e dei servizi prodotti – hanno orientato le politiche globali. Questo criterio di valutazione è basato esclusivamente su elementi quantitativi e, insieme all’ideologia neo-liberista, ha guidato fin qui lo sviluppo capitalistico.
È il momento di cambiare. I segnali che ce lo impongono sono tanti: la crisi economica causata dal dominio della finanza e dei suoi metodi speculativi sulla politica e sull’economia; l’inquinamento crescente e i gravi danni arrecati al nostro pianeta; l’acuirsi delle disuguaglianze sociali e della forbice tra ricchi e poveri; il peggioramento delle condizioni dei lavoratori; il diffondersi delle malattie psicosomatiche da stress.
Per testare lo stato di salute della società occorre tenere conto delle variabili qualitative che determinano il benessere. Restituendo alla persona umana la centralità nelle nostre valutazioni, occorre tenere in considerazione la diffusione della ricchezza, l’accesso alla istruzione e alla cultura, il livello di serenità e salute degli abitanti, la qualità dell’aria, del suolo e delle acque, la vivibilità delle città, il tasso di criminalità, la sostenibilità dell’utilizzazione delle risorse naturali.
Il dibattito sul superamento del PIL non è nuovo: nel 1968 Robert Kennedy disse che «non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow Jones né i successi del Paese sulla base del PIL. Esso comprende l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana…». Negli ultimi anni il confronto sul tema ha ripreso vigore di fronte all’evidenza di uno sviluppo distruttivo che rischia di essere una strada senza ritorno.
Negli Stati Uniti gli “indicatori nazionali chiave” saranno individuati dall’istituto “State of the Usa” e i dati saranno disponibili online per tutti.
Gli economisti si domandano quanti siano gli indicatori necessari: nel caso di “State of the Usa” sono addirittura 300.
Altri criteri sono stati elaborati in passato: l’Indicatore del Progresso Reale (GPI) ha come obiettivo la misurazione dell’aumento della qualità della vita e distingue con pesi differenti tra spese positive e negative. L’Indice di Sviluppo Umano (HDI) è stato utilizzato, accanto al PIL, dalle Nazioni Unite per valutare la qualità della vita nei paesi membri. Tiene conto della promozione dei diritti umani, della difesa dell’ambiente e delle risorse, dello sviluppo dei servizi sanitari e sociali, del livello di educazione, della partecipazione democratica, dell’equità delle opportunità di sviluppo e d’inserimento nella vita sociale.
In Italia di questi temi si parla troppo poco. Il nostro Paese, invece, ha bisogno di un piano per uno sviluppo nuovo e sostenibile. Il governo di destra non se ne occupa affatto. È un atteggiamento miope che non tiene conto del desiderio di benessere complessivo da parte dei cittadini né della necessità di garantire un futuro prospero ai nostri figli.
Ha ragione caro Chiti. Il Centro Studi Symbola ha proposto un nuovo indice, il PIQ che incorpora aspetti qualitativi della ricchezza prodotta
a mio modesto parere fa già rabbrividire il nostro PIL..ma se vogliamo proprio farci del male….
In Italia non ci si occupa del benessere della vita, di uno sviluppo sostenibile, ma è vero anche che ognuno di noi è responsabile di ciò che accade. ritorniamo ad essere cittadini attivi che agiscono per quello in cui credono.
La Cina ad esempio, che è un Paese con enormi contraddizioni e con gravi arretratezze sui diritti civili, ha però un Pil in ascesa e si candida ad essere la potenza del futuro prossimo. Ma non c’è solo la Cina: sono molti i paesi, soprattutto asiatici, dove la qualità della vita non segue di pari passo il crescere del Pil.
Caro Vannino,
sottoscrivo questo articolo e la necessità di cambiare. La questione più urgente da cui ripartire, tra quelle elencate, deve essere però il lavoro! E’ il lavoro, l’accesso e la formazione, che deve essere modificato. Perchè è questa la causa che genera l’acuirsi delle disuguaglianze sociali e il divario tra ricchi e poveri. Solo noi possiamo farci interpreti di questo cambiamento e non centro Berlusconi.
concordo con floriana, cominciamo tutti a vivere in maniera responsabile, a battersi perchè i comportamenti virtuosi e la consapevolezza si diffondano tra tutti i cittadini!
Concordo con l’esigenza che la politica si interessi dei misuratori di benessere e di quelli un po’ più elaborati del grezzo (per quanto oggettivo) PIL. Dell’argomento si occupano da anni organizzazioni della società civile; penso ad esempio al Social Watch, la coalizione internazionale della società civile, la cui branca italiana riunisce soggetti come ACLI, ARCI, Fondazione Culturale responsabilità Etica, Mani Tese, Ucodep, WWF, Lunaria, Campagna per la riforma della Banca Mondiale, che lo scorso anno pubblicò un interessante inserto nella rivista Valori sull’argomento. Del resto a Firenze lo scorso anno di è riunita l’organizzazione mondiale degli studiosi che si occupano di questi temi, ISQOOL (materiale interessante si può trovare sul loro sito). Così come se ne è occupata l’Unione Europea (v. COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO – Non solo PIL. Misurare il progresso in un mondo in cambiamento). Tremonti aveva detto di abiurare il PIL e di considerarlo superato, ma poi quando viene il dunque (come nel caso del recente G20 di Toronto), procede allineato e coperto sulle posizioni di chi, comunque, immola l’economia mondiale sull’altare del PIL e degli interessi dei grandi gruppi finanziari. Sarebbe assai interessante che il PD aprisse una riflessione a tutto tondo sulle questioni poste da Chiti, possibilmente in rapporto con quella parte di società che da anni è attiva su questo fronte.
Argomento moooooolto interessante! Ecco di cosa devono occuparsi i politici.
Per esempio? il Pil lo sa che le nostre città sono mediamente invivibili?
Salve a tutti. Io penso che il trend sia questo: la fase della fame di crescita e arricchimento a tutti i costi sia in parte superata. SOprattutto nei paesi occidentali che la grande crescita l’hanno vissuta nei decenni scorsi.
il Governo Sarkozy ha allestito una Commissione qualificata con dentro anche premi nobel per proporre correzioni agli indicatori della crescita. Tra le altre cose raccomandate a fine lavori c’è la elaborazione di statistiche in grado di giudicare la qualità della vita.
Caro Emanuele, l’argomento su cui ci stiamo confrontando è molto importante, la logica della crescita quantitativa ha dimostrato tutti i suoi limiti al pari dell’ideologia che ha guidato l’economia mondiale: il criterio dell’accumulo della ricchezza, dell’espansione della produzione e l’individualismo hanno portato il mondo ad avere delle disuguaglianze sociali inaccettabili e dei danni all’ambiente che senza un’inversione di rotta portano inevitabilmente alla distruzione.
Gli indici elaborati sono diversi, oltre a quelli che ho citato nel blog e a quello che lei ha riportato, ne esistono altri. Per esempio qualcuno ha tentato di quantificare il livello di “Felicità Nazionale Lorda”, mentre altri hanno ideato l’ISEW. Si tratta di un indicatore che al valore complessivo dei beni e dei servizi prodotti in un paese, aggiunge i “costi sociali” e i danni ambientali che si determinano.
Come si vede, gli studi ci sono, il lavoro è già avviato da anni. Si tratta di crederci di più e approfondire per affinare gli strumenti e trovare il modo migliore per valutare quanto stiamo bene noi e l’ambiente, non solo di quanto aumenta ogni anno la produzione di beni e servizi.
Caro Marco, la sua battuta è efficace: purtroppo se esaminassimo la condizione del nostro paese attraverso altri indicatori di benessere oltre al PIL, avremmo un quadro più negativo di quello che abbiamo già.
Ma se vogliamo risollevarci dobbiamo guardare in faccia la realtà, dirci chiaramente le cose come stanno e rimboccarci le maniche per risollevare l’Italia. Chiunque voglia bene al nostro Paese deve sapere cosa non va e cosa si deve fare per migliorare la nostra economia, la distribuzione della ricchezza nazionale, il rispetto per il nostro territorio, l’assistenza dei più deboli, la salute e il livello di istruzione di tutti i cittadini.
Ritengo che la chiarezza e la trasparenza siano elementi indispensabili: la destra invece è abituata a nascondere le informazioni sulla reale condizione del nostro paese.
Ripartiamo dalla verità e impegniamoci tutti per ripartire verso un futuro di maggiore benessere e qualità della vita.
L’Italia ha in se stessa le energie e le competenze per farcela: basta dare loro fiducia e soprattutto presentare un progetto chiaro per il futuro del paese.
Cara Floriana, dice bene lei: ognuno di noi deve essere membro attivo e responsabile della comunità. I comportamenti virtuosi di un paese non dipendono solo dalle politiche dei governi – che pure ricoprono un ruolo molto importante – ma anche dal livello di consapevolezza e partecipazione dei cittadini. Inoltre un ruolo decisivo lo svolge il mondo dell’associazionismo, il terzo settore. Se ognuno di noi vivesse ogni giorno in maniera sostenibile e si impegnasse per sensibilizzare altre persone a seguire le stesse regole, potremmo fare molto per migliorare la qualità della nostra vita e il contesto in cui viviamo.
Impariamo ad acquistare e consumare solo il necessario, scegliendo i prodotti meno “costosi” dal punto di vista ambientale, a fare la raccolta differenziata, a lasciare a casa le macchine private per prendere i mezzi pubblici. Questi e altri comportamenti virtuosi sono alla portata di tutti, il cambiamento può venire anche dal basso.
Caro Sergio, è vero quello che dice lei. Le cosiddette nuove potenze economiche devono ancora compiere importanti passi in avanti sul piano dei diritti civili, ma non solo. La loro crescita vorticosa spesso trascura aspetti importanti della vita dei cittadini, come la gestione degli spazi e della qualità delle città, che crescono insieme all’espandersi delle attività economiche e l’ambiente. Inoltre di pari passo con l’industrializzazione e lo sviluppo del settore dei servizi devono progredire il sistema di assistenza sanitaria e il welfare state.
Dobbiamo però constatare che questi problemi riguardano – seppur in misura minore – anche i paesi che si sono sviluppati nei decenni scorsi – come il nostro – e che negli anni passati avevano saputo creare un sistema di regole a tutela dei cittadini. Stiamo facendo dei passi indietro e, anche a causa della globalizzazione economica e produttiva, abbiamo abbassato gli standard dei diritti e delle tutele, innanzi tutto nel mondo del lavoro. Anche la serenità e la stabilità dei lavoratori e delle loro famiglie fanno parte delle variabili su cui dobbiamo calcolare il livello del benessere dei popoli.
Caro Maurizio, come dicevo nella risposta a Sergio, il tema del lavoro è strettamente legato al livello e alla diffusione del benessere. Il tasso di occupazione, la garanzia delle tutele per tutti, il livello di soddisfazione dei lavoratori sono elementi che concorrono in maniera decisiva alla quantificazione della prosperità dei popoli.
Come sottolinei tu, un paese in cui ci sono forti disuguaglianze sociali, in cui la crisi colpisce le fasce più deboli mentre c’è chi continua ad arricchirsi con la speculazione finanziaria, è un paese che sta male. Nel tuo intervento hai citato due elementi indispensabili per un mercato del lavoro che sia efficiente ed giusto: l’accesso deve essere garantito attraverso meccanismi di opportunità e valorizzazione del merito; la formazione è un passaggio indispensabile, sia per avere giovani preparati quando entrano nel mercato del lavoro che per agevolare la riconversione professionale di chi in età più avanzata perde il lavoro e potrebbe – se adeguatamente preparato – iniziare una seconda carriera in un altro settore.
Non c’è dubbio che queste battaglie siano proprie di una forza progressista come il PD e non di Berlusconi, che in questi 15 anni ha dimostrato di non voler migliorare la condizione dei lavoratori né di volersi impegnare per un nuovo sviluppo sostenibile.
Caro Marcello, il suo è un appello importante. Come dicevo prima a Floriana, l’impegno di ogni singolo cittadino affinché si tengano comportamenti che rispettino il più possibile l’ambiente può fare tanto. Ma, come dice lei, un altro impegno di ciascuno di noi deve essere quello di dare l’esempio, diffondere la consapevolezza e fare in modo che sempre più persone vivano e consumino in maniera responsabile.
Ciao Simone, grazie per il contributo di informazioni che hai riportato. Quanto hai scritto tu dimostra che il tema degli indicatori di benessere reale è molto sentito nella società e oggetto di studi da diverso tempo. D’altra parte non può che essere così: la qualità della vita di ciascun abitante della Terra e dell’ambiente in cui viviamo, il livello di istruzione e l’accessibilità ad essa, la salute sono tutti elementi su cui ciascuno di noi riflette abitualmente. La sensibilità e il livello di coscienza civile delle associazioni del terzo settore fanno sì che, come ricordi tu, questo argomento sia al centro del loro impegno.
D’altra parte occorre considerare che le conferenze incentrate sul tema “Beyond GDP”, cioè “Oltre il PIL”, si susseguono a diversi livelli. Nel 2007, per esempio, si tenne a Bruxelles una conferenza internazionale in cui si confrontarono la Commissione e il Parlamento dell’Unione Europea, l’OCSE, il WWF e rappresentanti della Banca Mondiale e delle Nazioni unite.
Diversi governi hanno voluto approfondire il tema per capire come valutare al meglio lo stato di salute del loro paese. Il nostro governo di destra, invece, non ritiene questi aspetti prioritari e, al di là della propaganda come sottolinei, rimane immobile di fronte a un sistema economico mondiale che ha dimostrato di essere fondato su presupposti sbagliati e dannosi per l’umanità.
Trovo molto positiva la tua proposta che il PD apra un dibattito ampio su questi temi, coinvolgendo chi già ci si è impegnato. L’individuazione dei metodi migliori per valutare il livello e la diffusione del benessere devono diventare un nostro cavallo di battaglia e il confronto con chi nella società ha già un alto livello di approfondimento può portare a risultati molto interessanti.
Cara Francesca, la qualità di vita nelle nostre città è un aspetto di fondamentale importanza che dovrebbe essere affrontato con coraggio e decisione. Facendo un raffronto con le città degli altri paesi europei, l’Italia non ne esce molto bene. In media abbiamo un livello di traffico, e quindi di inquinamento dell’aria, superiore e non accettabile. L’utilizzo dei mezzi pubblici è ancora a livelli troppo bassi, sia per cattive abitudini di alcuni cittadini che – in molti casi – per la carenza del servizio.
Proprio martedì scorso è stato diffuso il ”Rapporto Osservasalute Aree Metropolitane 2010” redatto dall’Osservatorio nazionale per la salute nelle regioni italiane dell’Università Cattolica di Roma. Dal Rapporto emerge che le nostre aree metropolitane sono trafficate, poco verdi e con una mobilita’ pubblica non ben sviluppata e sofferenti rispetto al resto del
Paese, anche a causa del maggior numero di abitanti che risiedono nei loro territori. Lo studio aggiunge che gli abitanti delle nostre città – fatta eccezione per Bologna e Firenze – muoiono di più che nel resto d’Italia.
C’è un aspetto che riguarda Roma che trovo molto significativo: la capitale è la città più verde del mondo ma i problemi legati al grande traffico quasi annullano i benefici degli spazi verdi.
Caro Stefano, non sono sicuro che la corsa vorticosa alla crescita e all’arricchimento si sia arrestata. Il predominio della finanza sull’economia e sulla politica è tuttora una realtà. Nonostante la durissima crisi economica che ha colpito tutto il mondo, gli stati e le organizzazioni internazionali non hanno ancora trovato un accordo per imporre un nuovo sistema di regole globale.
Io credo che lo sviluppo del futuro potrà solo essere sostenibile e volto a convertire il settore produttivo verso soluzioni più rispettose dell’ambiente.
Inoltre, i paesi che hanno goduto di grandi margini di crescita nei decenni passati devono dare priorità alla riduzione delle disuguaglianze sociali e alla diffusione del benessere nella la popolazione.
Ciao Francesco, il dibattito sui nuovi indicatori di benessere ha coinvolto diversi soggetti istituzionali e non. Nell’ambito della politica, anche alcune forze non progressiste, come la maggioranza che governa la Francia, hanno ritenuto importante approfondire il tema. La destra italiana invece se ne frega. Berlusconi e i suoi si occupano di leggi ad personam, limitazioni al lavoro della magistratura e della libertà di stampa. Trascurano i progetti per rilanciare l’Italia e darle un futuro migliore. Quando la situazione gli sfugge di mano, tentano di rimediare con qualche provvedimento urgente, come la manovra finanziaria che arriva dopo due anni di cattiva gestione della finanza pubblica. La situazione dell’Italia è troppo complessa perché possa essere gestita da una maggioranza che si è dimostrata tanto inadeguata.
Economia e finanza. Tutto parte da qui. Persino nella “parabola dei talenti” di cristiana memoria. A modestissimo parer mio sino a che la rete degli onesti ed eticamente modernamente orientati ad un nuovo mix fra globale e locale (glo-cale)non faranno i conti con una svolta sui criteri del modello economico da seguire nel mondo tutto sarà sempre complicato. E’ ora di modificare una politica internazionale che premia la speculazione sulle materie prime (bene supremo dell’Umanità). Libero mercato vuol si dire libero scambio e legge della domanda e dell’offerta a cui tutti sono ormai orientati; ma è obbligatorio farlo nella sfera etica dei rapporti umani a vantaggio di tutti. Una volta messo regole etiche a questo il resto vien da se!