Ancora una volta alla fine del 2009 sembrava essersi aperto uno spiraglio per una stagione di riforme. L’approvazione a larga maggioranza, da parte dell’Aula del Senato, di due mozioni – una della maggioranza, l’altra del Pd e dell’Udc – poteva essere una premessa incoraggiante per l’avvio di un serio lavoro parlamentare. Finora così non è stato. La maggioranza ha imposto temi più cari alla destra, come le leggi con cui il Presidente del Consiglio cerca di sottrarsi ai processi. Vedremo dopo le elezioni se la destra ha davvero intenzione di lavorare con l’opposizione, per portare a compimento la lunga transizione italiana.
Alcune modifiche al nostro impianto istituzionale sono fondamentali: la risistemazione del Titolo V della Costituzione (il cosiddetto Federalismo) sulla base delle sentenze con le quali la Corte Costituzionale ha sciolto i conflitti di attribuzione tra Stato centrale e Regioni; la riduzione del numero dei parlamentari e la differenziazione di compiti tra Camera e Senato; il rafforzamento del ruolo del governo, che deve però rimanere di tipo parlamentare; una nuova legge elettorale.
Dimezzare il numero dei parlamentari consentirebbe una migliore selezione della nostra classe dirigente ed una più alta qualità del lavoro del Parlamento.
Superare il bicameralismo perfetto è indispensabile per rendere più efficiente il lavoro legislativo e il controllo del Parlamento sul Governo; quest’ultimo, a sua volta, deve essere messo nelle condizioni di operare in maniera più efficace, attribuendo, come ovunque in Europa a partire da Germania e Spagna, funzioni reali di guida al Presidente del Consiglio. A una Camera potrà andare in via prioritaria il compito di dare la fiducia al Governo e controllarne l’operato, all’altra quello di raccordo tra Unione Europea, Stato centrale, Regioni e Autonomie locali. Il bicameralismo perfetto deve invece rimanere per le modifiche alla Costituzione, per la ratifica dei trattati internazionali, per le leggi elettorali e per quelle relative ai diritti fondamentali dei cittadini.
Una nuova legge elettorale è necessaria perché quella in vigore espropria i cittadini del potere di scelta dei propri rappresentanti, allontanando così le istituzioni dal Paese. Con il voto ogni cittadino, ognuno di noi, deve avere il potere di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento e le maggioranze di governo.
Viviamo un periodo di grave crisi economica e sociale. Da parte di tutte le categorie economiche si richiede ogni giorno l’intervento e il sostegno del governo, affinché faccia tutto il possibile per contrastare la crescita della disoccupazione – che a gennaio ha toccato quota 8,6% – e sostenga le imprese a sopravvivere e rilanciarsi. Il governo non lo sta facendo: da mesi si occupa solo dei processi di Berlusconi. La destra non mette il diritto al lavoro al primo posto dell’agenda politica: infatti non ha costruito una strategia anti-crisi, un piano per un nuovo modello di sviluppo, socialmente e ambientalmente sostenibile.
In ogni caso – anche per una maggioranza di centrosinistra – il non adeguato funzionamento dello Stato porrebbe seri problemi in relazione alla efficacia e rapidità delle azioni.
Oggi le procedure sono farraginose; le funzioni di Stato centrale, Regioni, Comuni e Province confuse e spesso sovrapposte.
Una seria riforma della nostra macchina istituzionale è indispensabile per dare risposta ai bisogni dei cittadini e del nostro sistema economico. Del resto guai a sottovalutare che anche alla infinita transizione italiana è dovuto il permanere di fenomeni di corruzione intollerabili, che quasi ogni giorno vengono a galla.
Gli italiani ci chiedono di cambiare l’Italia e la politica deve fare la sua parte con tempismo e serietà.
Se prima c’era qualche spiraglio di riforme condivise per far ripartire il paese, come dice lei senatore, adesso credo proprio che questo orizzonte sia sfumato definitivamente. Mi riferisco alla guerra tra fazioni in atto da ieri dopo che il governo ha varato il decreto “ad listam”.
Come può essere possibile secondo lei favorire dopo le elezioni un clima favorevole tra partiti apertamente in guerra? Non ritiene che alla luce di questi eventi parlare di realizzazione di riforme condivise sia quantomeno improbabile ?
Servono le riforme per creare occupazione, prima ancora che per migliorare l’efficienza dello stato. Con la crisi economica la perdita di produttività delle ziende è stata enorme cosi come la diminuzione del reddito da parte delle famiglie. L’italia con questi livelli di crescita non va da nessuna parte. Lo ha detto anche Draghi. Per cui io sono d’accordo sulla necessità delle riforme, ma per favore iniziamo da quelle sul lavoro. Cominciamo a far ripartire l’occupazione.
Non hanno la maggioranza, il Pdl dovrebbe accettare il rischio del referendum. Altro scenario sarebbe se il PD della corrente dell’inciucio trovasse un accordo per fare le riforme a largo consenso. Speriamo che Bersani si tenga lontano i D’Alema e tenga la barra dritta.
Gentile senatore Chiti, le chiedo una previsione: ritiene che ci siano alte probabilità che dopo le regionali veramente si inizi a lavorare alle riforme? io non ci credo! la maggioranza avrà sempre altre priorità che non sono nemmeno questioni di primario interesse dei cittadini, come rischio idreo-geologico o stipendi.
Io non credo alle riforme fatte con il pdl: massimo che possiamo ottenere è la riforma del senato e la riduzione dei parlamentari. più o meno alcune parti della bozza violante. Più in là non credo che si riuscira ad andare e forze è anche un bene perchè come dicono gli altri commenti fare accordi con Berlusconi può essere anche dannoso.
Senatore Chiti, non trova che assieme alle riforme istituzionali che sono necessarie e urgenti si debba trovare spazio anche per una seria riforma del mondo del lavoro: dall’accesso al reinserimento per chi perde il posto, dai modelli dei contratti alle tutele dei lavoratori etc.
Io vedo più urgente questa di riforma perchè la disoccupazione aumenta e porta sfiducia, senza dimenticare che la crisi economica ha aggravato troppo il sistema produttivo italiano e l’Italia solo con il lavoro può ripartire.
Molti sono stati i tentativi negli ultimi quindici anni di riformare le istituzioni ma la politica non è mai stata in grado di realizzare un nuovo e moderno assetto tra i poteri istituzionali per governare meglio e rispondere con più incisività alle sollecitudini dei cittadini e alle loro istanze.
La litigiosità rimane costante, 15 anni fa come ora, e c’è sempre qualche tema in ogni periodo che fa evaporare ogni bozza di accordo, ogni spiraglio di dialogo.
Io concordo con lei sulla necessità di avviare una stagione di riforme, ma sono sicuro che con questa classe politica, la stessa di 15 anni fa, sempre pronta allo scontro e alla delegittimazione dell’avversario politico, sarà impossibile raggiungere l’obiettivo.
Non possiamo fare accordi o patti con il pdl che è la negazione della legalità e delle regole.
Le riforme si faranno nel dopo Berlusca: prima è tecnicamente impossibile!!!!
No no e no, niente inciuci con berlusconi. non sedetevi a quel tavolo. Io non vado a votare
basta andare dietro a quel dittatore mascherato, basta cadere nei suoi tranelli.
cari pd, altro che riforme! muro contro muro col premier illegale
Senatore Chiti, non per colpa del Partito Democratico nè per colpa della sinistra in generale ma che si faranno le riforme in Italia ormai non ci crede più nessuno. La fiducia è al minimo e io stesso quando affronto argomenti di politica mi trovo spesso a lottare contro il duro pregiudizio della gente che, destra o sinistra, non ha più fiducia nella politica.
Caro Ambrosinus, è vero: per fare le riforme occorre non solo un’intesa nel merito delle proposte, ma anche un clima politico generale di fiducia reciproca. La maggioranza ha il compito principale, anche se non esclusivo, per determinarlo. In questi giorni, i comportamenti della destra, fanno cadere le braccia. Eppure noi dobbiamo continuare a parlare di riforma delle istituzioni perché è necessario all’Italia.
Le tensioni di questi giorni sono il frutto di un grande pasticcio compiuto dal Pdl e dell’ennesima dimostrazione di arroganza da parte della destra. Non hanno ritenuto nemmeno di doversi scusare coi cittadini per quanto accaduto, prima di chiedere a tutte le forze politiche la valutazione congiunta per verificare se esistessero vie d’uscita.
Si tratta di una situazione che preoccupa chiunque abbia a cuore la salute della nostra democrazia. I cittadini non potranno non domandarsi se chi non sa rispettare le regole è in grado di governare la crisi. In ogni caso la legalità è un bene supremo, da affermare nel profondo della coscienza del Paese: chi è nelle istituzioni dovrebbe dare ogni giorno un esempio con i suoi comportamenti.
Passate le elezioni regionali si verificherà se esistono le condizioni per le riforme. In ogni caso il Pd e il centrosinistra hanno il dovere di avanzare le loro proposte, in primo luogo ai cittadini.
Per quanto riguarda la destra, il modo migliore per costruire un clima favorevole sarebbe quello di accantonare la ricerca sistematica della via di fuga dai processi del premier e occuparsi finalmente delle priorità per l’Italia: riforme istituzionali e provvedimenti contro la crisi, per il lavoro e per i redditi. Sono temi che stanno insieme, non sono alternativi.
Caro Lucas, ha ragione in merito alle difficoltà socio-economiche in cui ci troviamo. Dalla crisi sono stati colpiti tutti: lavoratori, aziende grandi e piccole, negozi e liberi professionisti. E come è ovvio le conseguenze negative le hanno subite le famiglie.
Ma riforme istituzionali e interventi per l’occupazione e i redditi possono e dovrebbero camminare in parallelo. La riforma delle nostre istituzioni deve essere elaborata e approvata a larga maggioranza; le misure anticrisi rientrano tra le competenze di chi ha ricevuto dagli elettori il mandato a governare. Il Pd, da molto tempo, chiede il Parlamento si occupi di crisi e lavoro ed è pronto a fare il suo dovere, incalzando la destra nel merito e presentando le sue proposte alternative.
La riforma delle istituzioni della democrazia è essenziale per dare efficacia e tempestività alle azioni di governo: per lo sviluppo, le politiche sociali, in ogni campo.
Rispetto agli altri paesi europei come Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna, tanto per fare degli esempi, le nostre istituzioni hanno oggi una maggiore farraginosità e complessità di funzionamento.
Rendere la nostra democrazia più forte ed efficace mi sembra importante e del tutto coerente con la nostra Costituzione. E i regolamenti delle Camere consentono che si possa procedere – se c’è la volontà politica – in direzione di riforme del mercato e delle istituzioni.
Caro Pierino, l’ipotesi che il Pdl e la Lega facciano importanti modifiche istituzionali da soli, accettando il rischio del referendum costituzionale, è possibile, ma non certo positiva per il Paese e il suo futuro. Sarebbe un grave atto di forza. Le riforme che modificano il funzionamento della nostra democrazia e le regole della competizione elettorale vanno concordate tra le principali forze presenti in Parlamento.
Le istituzioni sono degli italiani, non di una sola parte politica. Questo metodo e questa scelta riguardano tutti, centrosinistra e centrodestra: se oggi che governa la destra noi non fossimo in via pregiudiziale disponibili, non solo lasceremmo autostrade libere a provvedimenti unilaterali, ma domani, governando noi, la destra farebbe altrettanto. Le riforme non si farebbero mai, ma a rimetterci continuerebbe ad essere l’Italia.
Per questo non sono d’accordo con lei, quando parla di “corrente dell’inciucio” all’interno del Pd. Nel Partito Democratico non esiste questa corrente, perché tutti – non solo il Presidente D’Alema e qualcun altro – pensiamo che sia responsabilità di un grande partito quello di partecipare alla innovazione delle nostre istituzioni.
Naturalmente non ad ogni costo: trovando soluzioni condivise nel merito. Abbiamo anche detto che per noi è giusta la riduzione dei parlamentari; una differenziazione di compiti tra Camera e Senato; un rafforzamento del governo che deve però restare di tipo parlamentare; una nuova legge elettorale che consenta ai cittadini di scegliere le maggioranze di governo e insieme i loro rappresentanti in Parlamento.
Caro professor di grazia, non sono in grado di stabilire con certezza cosa accadrà dopo le elezioni regionali. Il suo pessimismo in merito alle priorità dell’agenda di governo della destra lo comprendo bene: finora governo e maggioranza si sono dimostrati distratti e distanti rispetto ai reali bisogni degli italiani. E devo dire che in questi giorni mi sento anche io assai pessimista. Il nostro dovere è tuttavia quello di richiamare l’attenzione generale su questi temi importanti, avanzando le nostre proposte di riforma. Venerdì 5 marzo a Firenze abbiamo tenuto un convegno sulle riforme: si è trattato di un confronto su forze politiche (Pd, Idv, Udc, Lega, Pdl) e costituzionalisti. E’ stata un’occasione importante. Sono emersi spunti nuovi, di possibile intesa. La Lega ad esempio ha avanzato idee non scontate. Naturalmente tutto ciò non è sufficiente: ci dice che si potrebbero trovare convergenze sulle riforme, ma che manca un clima complessivo che le renda possibili.
Dal governo sentiamo ancora parlare di opere faraoniche come il Ponte sullo Stretto, rispetto al quale non ho un pregiudizio ideologico ma sostengo la necessità che prima occorra completare le opere iniziate, modernizzare ferrovie e strade del sud, puntare su “quelle autostrade del mare” coerenti con uno sviluppo sostenibile. Costruire opere faraoniche, dare il via a centrali nucleari con il nostro territorio insicuro è atto di un governo responsabile?
Per me no!
Controcorrente, le riforme che vogliamo realizzare sono quelle a cui hai fatto riferimento: riduzione del numero dei parlamentari; diversità di funzioni tra Camera e Senato; rafforzamento del governo parlamentare, come in Germania e Spagna; nuova legge elettorale. Oltre non c’è da fare né noi vorremmo fare. Quel che conta è il contenuto delle modifiche che si approvano. Su questo il Pd sarà inflessibile: lo ripeto, solo cambiamenti utili a rendere più forte la democrazia ed efficienti le istituzioni.
Lo scorso 2 dicembre il Senato approvò due mozioni sulle riforme, una della maggioranza, l’altra del Pd e dell’Udc. Il contenuto era molto simile ma non venne fatta una mozione unica perché il testo della maggioranza conteneva, oltre ad argomenti riconducibili alla bozza Violante, anche un indirizzo di riforma della giustizia che noi non condividiamo e che corrisponde alla visione che ha la destra del rapporto tra politica e magistratura. Questo per dire che non c’è da temere tranelli o l’approvazione condivisa di riforme dannose. Nessuno intende fare sconti alla destra: il Pd è in campo per dar vita ad una alternativa di governo.
Caro Mario Galasso, non c’è dubbio che ci sia l’esigenza di intervenire per rinnovare il mondo del lavoro. E’ vero, l’Italia deve ripartire dal lavoro.
Abbiamo il dovere di agevolare il reinserimento di chi perde l’occupazione, innanzi tutto attraverso la formazione permanente. Dobbiamo estendere i diritti e le tutele ai tanti precari e a tutti coloro che oggi non ne usufruiscono. Il nostro mercato del lavoro deve essere incentrato sul merito e le opportunità.
Non direi che queste riforme siano più urgenti di quelle istituzionali, le due cose sono legate: dobbiamo migliorare la nostra organizzazione istituzionale per poter rispondere meglio alle sollecitazioni che vengono dal Paese.
La destra sta imponendo un modo di governare che guarda all’interesse di pochi, talora di uno solo, che aggira le regole e le procedure, che non si fonda su precise e dichiarate priorità.
Le pratiche quotidiane rischiano di svuotare profondamente e pericolosamente la nostra democrazia. Dobbiamo impedirlo. Per riuscirci dobbiamo unire alla nostra denuncia, la capacità di avanzare proposte e di costruire attorno ad esse il sostegno della maggioranza degli italiani.
Caro Morpheus, non direi che tutta l’attuale classe politica sia incline allo scontro e alla delegittimazione dell’avversario. E’ innegabile purtroppo che questi comportamenti siano molto estesi. Caratterizzano spesso il modo con cui la destra si comporta in Parlamento e fuori, ma anche nelle fila dell’opposizione c’è qualche formazione che supera il limite del rispetto nei confronti delle istituzioni. Questo è grave e negativo: se non si ha a cuore la dignità e il funzionamento delle istituzioni, la democrazia si impoverisce e arretra.
Il mio auspicio è che questo modo di comportarsi venga messo da parte.
L’approvazione del disegno di legge delega sul Federalismo Fiscale, avvenuto dopo un approfondito lavoro parlamentare fatto con spirito di collaborazione tra maggioranza e opposizioni, è l’esempio del fatto che volendo anche in questa fase storica della politica italiana si possono fare riforme importanti. Il Partito Democratico è pronto. Dopo le elezioni regionali dipenderà dalla maggioranza l’apertura di una stagione costituente.
Lo ripeto fino alla noia: non si tratta solo di condividere il metodo (costruzione “insieme” delle riforme) e il merito (le proposte che si sottopongono alla approvazione. Decisivo e preliminare è il clima, la fiducia reciproca, il rispetto delle regole. E’ quest’ultimo aspetto che mi lascia preoccupato e abbastanza pessimista. Il comportamento in questi giorni della destra rispetto alla presentazione delle liste per le elezioni regionali o alla legge sul legittimo impedimento, su cui ha messo – ed è la 31a volta – la fiducia al Senato, non fa presagire niente di buono. E’ un comportamento arrogante, che disprezza leggi e regole. Tutto perduto, dunque? No. Il voto delle regionali, se ci sarà una sconfitta della destra, può fare rinsavire.
Caro Maurizione, la domanda è: le riforme sono urgenti e importanti oppure no?
Quelle di cui stiamo discutendo qui servono all’Italia o alla destra? Dipende dalle risposte che si danno la scelta di rimandarle al dopo Berlusconi.
Le chiedo: è utile all’Italia rimanere per chissà quanto tempo – finché Berlusconi uscirà dalla scena politica – con un bicameralismo perfetto ormai privo dalle sue giustificazioni storiche, con un numero eccessivo di parlamentari, con un federalismo incompiuto, con un rapporto Parlamento-Governo ormai squilibrato, con una legge elettorale che allontana i cittadini dalle istituzioni? Io dico di no.
Se sarà la destra a non volerne fare di niente, anche su questo chiederemo agli italiani un voto per mandarla a casa. Questo ragionamento non pregiudica in nessun modo la determinazione con cui l’opposizione contrasta la condotta della destra al governo. Nessuna indulgenza e nessuno sconto a un governo che ignora i problemi degli italiani e mortifica il principio del rispetto delle regole, come lei giustamente sottolinea.
Cara rossella, come dicevo prima, non si tratta di inciucio. Nessuno nel Partito Democratico immagina percorsi politici comuni con la destra, né sotto traccia né alla luce del sole.
Si tratta di operare con responsabilità su due piani diversi: lavorare con le forze legittimamente rappresentate in Parlamento per rafforzare e rendere più efficiente la nostra democrazia e allo stesso tempo – nell’attività politica quotidiana – condurre una battaglia dura e ferma contro un governo e una maggioranza che tanti danni stanno facendo. L’obiettivo di rinnovare le istituzioni e approvare una diversa legge elettorale è giusto oppure no?
Vogliamo lasciare questo compito nelle mani della destra? Le istituzioni, la legge elettorale, addirittura la Costituzione sono di tutti i cittadini italiani oppure devono essere affidati alla sola maggioranza di governo?
Già alla destra non dispiacerebbe questo approdo: dobbiamo spalancare la strada a questo esito e assecondarlo? Non credo proprio. Non è giusto politicamente. Non fa parte dei nostri doveri verso il nostro popolo e nei confronti della Costituzione.
Caro diego, non andiamo dietro a Berlusconi. Abbiamo detto sempre no alle sue leggi ad personam e alle sue scelte programmatiche. A Berlusconi non interessa poi molto fare funzionare “queste” istituzioni democratiche.
Il nostro compito, come Partito Democratico, è quello di avere le proposte giuste per la nostra democrazia e per i problemi dell’Italia.
Per questo dobbiamo avanzare le nostre proposte per la riforma delle istituzioni. Se si intenderà lavorare seriamente alle riforme in Parlamento, ci dovrà essere un rapporto di pari dignità.
I cittadini vedranno e valuteranno i progetti. Noi non andremo oltre i punti che abbiamo non da ora indicato.
Ma in questi giorni mi sembra che la destra non sia molto convinta di incamminarsi sulla strada delle riforme: piuttosto è mossa da interessi di parte e sembra preferire il logoramento delle istituzioni. Noi non dobbiamo né arrenderci né rassegnarci abbiamo il dovere di incalzare, essendo una grande forza, che ha a cuore il bene e il futuro dell’Italia.
Cara simonetta, Le riforme sono una necessità urgente, per i motivi che ho esposto nel blog. Approvando le modifiche che ho elencato, l’Italia avrebbe una macchina istituzionale più efficiente per rispondere ai bisogni dei cittadini. Partendo da questo presupposto, io penso che il tema della riforma delle istituzioni non debba essere confuso con l’azione quotidiana del governo e con la nostra opposizione, da rendere sempre più forte ed incisiva rispetto ad essa.
Il dovere di un partito come il Pd è quello di guardare all’interesse generale.
Lo ribadisco.
Nessuno sconto sulle leggi ad personam, sugli attacchi alla magistratura, sul continuo aggiramento delle regole, sull’assenza di una politica del lavoro, di una strategia anticrisi, per lo sviluppo. Le istituzioni, la democrazia, la Costituzione sono degli italiani, non di questa o quella parte politica. Su questi temi noi non possiamo né dobbiamo disimpegnarci, scegliere l’Aventino.
Caro Sergio, hai posto la questione che considero centrale e che spesso viene trascurata: il rischio di una perdita di fiducia verso tutti, destra e sinistra, maggioranza e opposizione. Su questa strada pericolosa i cittadini perdono fiducia nella politica e nelle stesse istituzioni.
Ora le riforme servono proprio a ridare credibilità alla politica e alle istituzioni. E’ il solo modo per recuperare la fiducia dei cittadini.
Sono ancora d’accordo con te sul fatto che la responsabilità di questa disaffezione non possa essere attribuita in ugual misura a destra e sinistra. Il senso delle istituzioni non è certo il medesimo nei due schieramenti. Il governo Prodi si è assunto, senza furbizie o demagogia, il compito del risanamento dei conti pubblici che i governi Berlusconi avevano sfasciato. Ancora, decise i primi provvedimenti che andavano incontro alle esigenze dei lavoratori, delle fasce di redditi più bassi, dei precari. Ma, comunque, è vero che in presenza di un clima di sfiducia generalizzato tutti i partiti ne pagano le conseguenze. Per evitare che questa sfiducia sfoci nell’antipolitica, l’unica strada è quella di rispondere cambiando le istituzioni avvicinandole ai cittadini, ponendo al centro i temi del lavoro, dello sviluppo, della giustizia sociale.