Il voto del 21 e 22 giugno ci offre due spunti di riflessione. Il primo riguarda il fallimento del referendum: con la consultazione popolare si è tentato di instaurare un bipartitismo coatto, imposto per legge, che non appartiene alla nostra realtà politica e storica. Per questo motivo ho accolto come una buona notizia il mancato raggiungimento del quorum. Ora, ciò di cui il nostro Paese ha bisogno, è che il Parlamento discuta e approvi, con un largo consenso politico, le riforme istituzionali necessarie e una nuova legge elettorale che concili governabilità e rappresentanza.
La seconda riflessione riguarda le elezioni amministrative: le liste del centrosinistra hanno registrato nei ballottaggi affermazioni in numerose città e province.
Il Partito Democratico, che molti pronosticavano in caduta libera, ha tenuto. Come ho già detto il progetto del Pd è in campo e può andare avanti.
Abbiamo confermato la guida di centri come Padova, Firenze, Bologna, Ancona, Bari, Brindisi, Taranto e Cosenza.
Alcune sconfitte – penso a Prato e Ascoli Piceno – sono dolorose: dobbiamo comprenderne con rigore le cause. Non si può far discendere sbrigativamente tutto dal Pd nazionale: se in una città si vince e in una accanto si perde, occorre vederne anche le ragioni particolari. Come si è amministrato? Come si sono tenuti i rapporti con i cittadini ? Come si sono composte le liste e fatte le primarie ? Come si sono mossi i gruppi dirigenti del nostro partito?
Una riflessione a parte va fatta per il nord. Il Pd ha perso le province di Milano e Venezia, mantenendo quelle di Torino, di Alessandria e di Rovigo. Nei commenti post voto riguardanti i risultati del Partito Democratico, è di nuovo tornata al centro del dibattito la ‘questione settentrionale’. Il mio punto di vista su questo tema è semplice: non credo sia necessaria la costruzione di un Pd del nord. Credo però che sia indispensabile, nel nord e altrove, una reale autonomia e responsabilità politica delle nostre organizzazioni provinciali e regionali, una loro capacità di costruire proposte programmatiche legate alle priorità dei territori, ai bisogni dei cittadini; al tempo stesso la costruzione di alleanze per il governo di comuni e province non sempre uguali, non tutte automaticamente rispondenti al quadro nazionale. Abbiamo nel nord dirigenti di primissimo livello, in grado di farlo: penso, tanto per fare degli esempi, a Chiamparino, a Mercedes Bresso, a Penati, a Zanonato, a Cacciari. Penso ai segretari regionali del Pd.
Infine, un’ultima considerazione: il voto amministrativo ci offre un altro dato molto importante, di cui bisogna tener conto. L’alleanza tra Pd e Udc ha dato ottimi risultati. In Puglia, Piemonte e nel Lazio, dove ci siamo presentati insieme, con alleanze fondate su accordi programmatici seri, su di un progetto affidabile, abbiamo avuto consensi significativi, vincendo quasi ovunque. E’ dunque una riflessione che si impone a noi, a tutto il centrosinistra e alla stessa Udc, pensando alle future scadenze elettorali, non solo a quelle regionali.
Buonasera Vice Presidente Chiti. Siamo una giovane coppia di Siena, da sempre votiamo a sinistra. Dopo aver letto il suo articolo sul dopo voto non siamo veramente convinti che l’alleanza con l’Udc sia la cosa migliore. Molti come noi la pensano cosi. Abbiamo paura che questo partito stia troppo andando verso il centro e questo accade secondo noi da quando è stato eletto segretario Veltroni. E’ da lì che si stenta a riconoscerci nel Pd. In questo periodo di crisi noi crediamo ci sia bisogno di più sinistra, di solidarietà, di aiuto per le le persone più deboli e per i lavoratori precari che hanno difficoltà. Non crede che serva veramente una politica di sinistra per davvero??? La ringraziamo e confidiamo in una risposta.
ps
E’ vero che il pd del nord non serve, la gente, anche al nord chiede solo politiche vere per aiutare i lavoratori in difficoltà. noi la vediamo cosi. Ancora grazie.
Gaetano Salvemini soleva affermare che “ogni botte non può dare che il vino che ha”. E il vino della botte italiana è di centro-sinistra, occorre farsene una ragione, non è di sinistra. Riflettendo che “il meglio è nemico del bene” e lasciando all’area della sinistra definita radicale il compito di organizzarsi unitariamente, ammesso che siano in grado di farlo, superando una volta per tutte l’inveterata vocazione a “facciamoci del male” e rinunciando a sterili competizioni interne, anziché nei confronti del reale avversario comune. Allora, potranno rappresentare un interlocutore serio con il quale dialogare, all’occorrenza.
Siccome la musica la fanno i suonatori, per il momento, un Tabacci, non foss’altro per competenza, equilibrio, concretezza e senso di responsabilità serve di più al paese e alle esigenze delle classi in sofferenza, di un Ferrero o un di un Diliberto. Altrimenti, oltre a tutto, l’Udc continuerà a voler fare il centro. Senza riuscirci, neppure loro, perché la vocazione del paese è, appunto, di centro-sinistra. Insisti, Presidente Chiti(semel Abbas, semper Abbas). Buon lavoro.
Io a proposito dell’alleanza al centro penso questo: non è questo il tempo per discutere di alleanze. Sono solo un’ottima occasione per fare polemica interna in una fase in cui la campagna per la segreteria favorisce le divisioni interne. E sono occasione di attacchi da parte degli avversari.
Visto che però ne parlate dico che in effetti senza il centro la sinistra non può governare, lo dice la storia anche recente. Mi spaventa la lotta che si scatenerebbe sui temi etici, ma se il pd fosse un partito laico al 100% sarebbe più facile dialogare con un partito cattolico. Sarebbe una mediazione tra due soggetti dall’identità solida. Se invece un pezzo del partito cattolico è dentro il Pd diventa un confronto impari.
E’ inutile un partito federato, è inutile un partito del nord, del sud e del centro che produrrebbe altro che frammentazione e problemi. Serve un partito che si riprenda il territorio, dal nord al sud, che sia specifico nell’affrontare i problemi all’interno delle varie zone del paese, che si occupi delle territorialità secondo uno schema organico. Non credo che il problema principale del Pd sia questo, il problema è come riorganizzare un partito che da 2 anni ha smesso di esserlo.
Io credo che a sinistra in questi anni si sia vissuto e giocato con gli equivoci. E’ come se le parole avessero perso significato. Sinistra, per me, non è sbandierare lo straccetto più rosso, né crogiolarsi intorno a vuote formule nuoviste. Per me sinistra è stare dentro la società per cambiarla. Senza superbia e senza arroganza e, soprattutto, senza sentirsi migliori degli altri che migliori non siamo, ma per cambiarla questa benedetta società! Ecco, il Pd se non vuole fallire deve declinare i valori della sinistra al futuro. E’ questa la sfida! C’è in rete un video di Sandro Pertini, dura 1 minuto e 42 secondi, ma riesce ad essere più vivo lui che è morto di tanti che hanno sviluppato una sola capacità, ossia quella di parlare senza dire nulla. Che poi dal nuovo al nulla il passo è breve! Ma ho fiducia perché a sinistra ci sono idee e risorse per ripartire, per rimettersi in cammino, per ritrovare la strada. Un saluto, Carolina
Sono daccordo con Carlo Enrico Malvani, nell’Unione sono stati i Ferrero la nostra rovina. Però stiamo attenti: anche a me piace Tabacci ma l’Udc ha all’interno anche dirigenti come Volontè. Quindi si ad alleanze territoriali e sui programmi ma sul nazionale ci andrei cauto, molto cauto.
Vedo meglio la nuova sinistra di Vendola, ma comunque di tempo per queste cose ne abbiamo a sufficenza. Il problema principale del Pd al momento è ancora il Pd.
Il problema del Pd riguarda come ricostruire una sinistra credibile che possa diventare per le prossime elezioni politiche una forza di governo. Si parla di Udc e di sinistra radicale: non possiamo fare errori che abbiamo già fatto in passato. L’esempio dell’Unione deve essere un monito per non ripetere gli stessi errori di 2 anni fa. Non credo che il Pd come voleva Veltroni possa andare da solo però nella costruzione delle alleanze c’è assoluto bisogno di vincoli di programma.
Buongiorno senatore Chiti, non ho ancora ricevuto alcuna spiegazione dal Pd di Genova per quanto riguarda la denuclearizzazione del territorio e il No che i dirigenti locali del Pd hanno dato nel merito della proposta.
Per quanto riguarda invece il futuro secondo me l’unica alleanza possibile è quella con Sinistra e Libertà. Vedo molto pericolose alleanze con Di Pietro. Ancora più difficili quelle con l’Udc, che si presenta a nord con la destra e al sud con la sinistra. Questa volta come leggo dagli altri commenti dobbiamo stare attenti e costruire un vero centrosinistra, unito sui programmi e che possa governare con solidità l’Italia.
Luigi
Non possiamo ricostruire l’Unione questa volta con l’aggiunta dell’Udc. Sarebbe disastroso, a meno che il Pd non voglia abdicare alla lotta sui diritti civili, sul primato della persona e sulle libertà individuali. Trovo molto pericolosa anche l’eventuale alleanza con l’Idv di Di Pietro. Non possiamo fidarci di un mono-partito che sa solo urlare senza fare proposte, che non ha nulla di sinistra e soprattutto che ci ha già fregati una volta quando 2 anni fa si sono fatti il gruppo parlamentare per fatti loro senza rispettare l’accordo col Pd. Quando il senatore Chiti dice di ripensare il nuovo centrosinistra penso che bisogna stare molto attenti. Da noi manca quel senso di compattamento che c’è a destra. Sarà perché noi siamo rimasti scottati molte volte ma io quando sento parlare di alleanze mi lascio prendere dalla paura di tornare agli errori del passato. Credo che tra le poche cose buone di Veltroni c’era l’idea di andare da soli. Dobbiamo insistere su questa strada.
franceschini oggi parla di partito federale e laico, lei anche senatore sembra da questo articolo essere su questa strada, è daccordo con Franceschini ? e al congresso lei per chi voterà ?
Il problema del Partito Democratico non riguarda le alleanze. Certo che le alleanze sono importanti, ma non in questo momento. Credo che prima di capire con chi stare in vista delle prossime elezioni dobbiamo capire che partito vogliamo. Su questo punto che è fondamentale dobbiamo assolutamente secondo me accantonare l’idea del partito leggero. Su questo Veltroni ha sbagliato di grosso. Mi dispiace ma il Pd non può essere un partito snello ma il contrario. Solo rimettendo piede nella società, solo risolvendo i problemi delle persone, solo riprendendoci il territorio, sud, centro e nord che noi possiamo tornare a contare qualcosa. Se rimaniamo a chi la spara più grossa se no vincerà sempre Di Pietro. Dobbiamo tornare a essere un partito strutturato, con un organizzazione forte. Solo cosi riusciremo a riprenderci il territorio. Le alleanze vengono dopo.
Grazie a tutti voi per i vostri commenti.
A Laura e Flavio: dobbiamo costruire un nuovo centrosinistra. Non possiamo lasciare a questa destra il governo dell’Italia per 20 o più anni. Il campo del centrosinistra è dato dal Pd, dalla sinistra che vuole spendersi anche per il governo di un Paese, dall’Italia dei Valori e dobbiamo creare le condizioni perché entri a farne parte anche l’Udc. Sarà poi l’intesa sui programmi, sulle priorità ad essere decisiva: questa qualificherà il nostro impegno. Non è detto che possa esservi un’alleanza che comprenderà sempre tutti. Conteranno le priorità da portare avanti. Dobbiamo avere fiducia in noi stessi.
A Carlo Enrico Malvani: sono completamente d’accordo con le tue considerazioni sia sulla sinistra sia sull’Udc. Secondo me è quello che dobbiamo mettere in pratica.
A Francesco Binci: non c’è un tempo per le alleanze e un tempo per l’azione nella società. Debbono procedere insieme e in coerenza. Le alleanze devono essere costruite sui programmi, sulle priorità da realizzare. E le alleanze non possono essere improvvisate. Nel marzo del prossimo anno si terranno le elezioni regionali: bisogna iniziare a mettere in campo un nuovo centrosinistra. Il Pd è un partito laico. La laicità ha il suo fondamento nella Costituzione. E’ un errore fare la seguente equazione: cattolico uguale non laico. Non è così. La Chiesa Cattolica è qualcosa di complesso: non è riducibile alle sue gerarchie né le gerarchie sono un qualcosa di indistinto e omogeneo. In ogni caso non sono i cattolici gli avversari ma casomai gli atei devoti e quanti strumentalizzano – o fanno strumentalizzare – a fini di potere la fede religiosa.
A Franco: sono molti anni che in Italia i partiti non sono più tali: o non più organizzati o organizzati su pezzi di territorio, non in tutta l’Italia. E in alcuni c’è una involuzione dal punto di vista della vita democratica: partiti personali, leaderistici, sostanzialmente autoritari. Non è, non può essere la strada del Pd. Quando parliamo di partito federato intendiamo riferirci ad una autonomia politica e organizzativa delle nostre organizzazioni regionali: senza di questo non è possibile radicarci nei territori, tra i cittadini né sviluppare politiche concrete.
A Carolina: sono d’accordo. La sinistra deve essere nella società, tra i cittadini, nel popolo. Deve esserci senza presunzioni, con una sua autonomia culturale e critica. Deve cambiare la società ma questo oggi lo vuole fare anche la destra. La sinistra deve farlo tenendo insieme due valori: libertà e giustizia, merito ed uguaglianza.
A Lorenzo Contini: non esiste un problema del Pd a sé stante: il problema del Pd è il radicamento nel territorio, le politiche concrete per il lavoro, lo sviluppo, il Welfare, la democrazia. Insieme la costruzione, sulle priorità programmatiche da portare avanti, delle alleanze. La vecchia unione, i 9-10 partiti rissosi, è impresentabile. Occorre costruire un nuovo centrosinistra. Se l’Udc ne sarà parte, se costruiremo intese forti sui programmi, avremo maggiori possibilità per mandare questa destra all’opposizione. Attenzione: mi pare si pensi alle elezioni politiche del 2013. Ma nel 2010, a marzo, ci sono elezioni importantissime: quelle regionali.
A Giuseppe: sono d’accordo. Occorre costruire alleanze attorno a 4-5 punti programmatici, in modo chiaro, inequivocabile. La vecchia unione è impresentabile. Dobbiamo dare vita ad un nuovo centrosinistra. I partiti che possono fare parte di questo “campo di alleanze” sono per noi ‘Sinistra e Libertà’, ‘Italia dei Valori’, ‘Udc’: saranno i programmi a dirci se è possibile presentarci insieme oppure no alle elezioni.
A Luigi Genova: Pd e Sinistra e Libertà, ammesso che trovino un’intesa chiara e rigorosa sui programmi, difficilmente avrebbero i voti per governare: basta guardare alle elezioni europee. Applichiamoci pure molto ottimismo ma per vincere ci vuole anche altro. L’Italia dei Valori diviene un partito vero e soprattutto democratico oppure resta un partito personale legato ad umori e a volte a venature di populismo? E con l’Udc si costruisce un’intesa su un programma riformista di governo? Questi sono i compiti davanti a noi.
A Jack: non penso che si possa andare da soli. Per farlo dovrebbe esserci in Italia un sistema bi-partitico. Esiste? No. E’ realistico prevederlo, almeno a breve? No. E’ giusto, sarebbe giusto per l’Italia? No, secondo me. La tradizione, la storia, la società italiana – ma lo stesso si può dire per la gran parte dell’Europa – non possono essere racchiuse in due partiti. Quello che è giusto è un sistema bipolare, fondato su un pluralismo di forze politiche, che non scada nella frammentazione del passato. Cinque-sei partiti, come oggi è anche in Italia, rappresentano un approdo valido e realistico. Ma se questo è, la capacità di costruire alleanze è indispensabile per vincere e governare. Un’alleanza di governo di tre o quattro partiti, su un programma netto e chiaro, è il compito che abbiamo di fronte, se non vogliamo “regalare” l’Italia a Berlusconi ed ai suoi successori.
A Francesca: su un Pd laico, federale siamo d’accordo tutti. Così come è stata largamente condivisa la scelta di una collocazione nel Parlamento europeo all’interno del nuovo gruppo politico denominato in modo significativo “Alleanza Progressista dei socialisti e dei democratici”. Dobbiamo decidere insieme quale partito vogliamo: del solo leader o anche dei gruppi dirigenti? Degli iscritti e degli elettori o ponendo tra loro in alternativa questi due riferimenti? Come si costruisce un partito del popolo, dei cittadini? Non mi ritrovo nel nostro Statuto: per più motivi mi pare contenga aspetti sbagliati. Siamo tutti responsabili della sua approvazione: i tempi nei quali avvenne – crisi del Governo Prodi, elezioni anticipate – non ci fecero compiere una valutazione adeguata.
La elezione del segretario prevede una serie di primarie: prima tra gli iscritti, poi con i cittadini elettori. E speriamo che basti perché se nessuno avesse la maggioranza assoluta dei seggi occorrerebbe una terza votazione nell’Assemblea Nazionale.
Il rischio che prevalga la conta sulle persone rispetto al confronto ed anche alla decisione e alla battaglia, se necessario, sui contenuti, è grande. Io non mi ritrovo, per carattere, per formazione e per convinzioni su queste concezioni della politica come assoluta competizione tra persone. Non c’entrano gli attuali candidati alla segreteria o quelli nuovi che si dovessero presentare.
C’entra una visione del partito (e della politica) che non si è voluta cambiare.
Per questo non so come il mio personale disagio si tradurrà nel Congresso. Vediamo intanto le proposte programmatiche di quelli che si candideranno per la segreteria.
A Gessica: Lo ripeto: non esistono tempi separati. Prima ci occupiamo del partito, poi delle politiche e dei programmi, infine delle alleanze. Le scelte si tengono. Il mondo va avanti anche senza di noi.
Vogliamo il bipartitismo e la Repubblica presidenziale? Allora andrebbe bene un partito del leader, fondato soprattutto sulle primarie.
Vogliamo un sistema bipolare, con 5-6 partiti (come oggi anche in Italia) e un governo forte ma di tipo parlamentare, come in Germania o in Spagna? Allora occorre un partito organizzato nei territori, fondato sugli iscritti, che utilizza in alcuni casi le primarie, ma non coincide con esse.
In ogni caso le alleanze sono necessarie: nel caso di un governo parlamentare e di un sistema a pluralità di partiti, è indispensabile costruire anche alleanze con le forze politiche.
Sempre è necessario un partito che abbia un sistema di valori; uno stile sobrio e rigoroso di vita interna e di presenza nelle istituzioni; priorità programmatiche nette, riconoscibili.
Come si vede le scelte vanno oltre gli slogan che spesso ci appiccica addosso il mondo dell’informazione in Italia.