La destra è attraversata da divisioni profonde, che ormai neppure riesce ad occultare. Non si tratta di divergenze sui programmi: fosse soltanto questo, si potrebbe comprendere. In alleanze formate da una pluralità di partiti, entro certi limiti, nel confronto sugli obiettivi prioritari, sulle scelte da portare avanti, è fisiologico. É così anche nel centrosinistra e negli altri paesi europei. Per la destra italiana si tratta di ben altro: si è in presenza di uno scontro tra identità alternative e in buona misura tra loro incompatibili. Una parte della destra italiana è anti-europea: si rifugia in messaggi ed impostazioni demagogico-populistici. Non è solo la Lega Nord. É anche una parte significativa di Forza Italia e di AN. É l’asse Berlusconi-Bossi-Tremonti, che regge la navigazione della destra italiana. Un’altra parte, l’UDC e ciò che resta di Forza Italia e di AN, aspirano a costruire una destra europea, una forza neo-conservatrice, democratica, alternativa al centro-sinistra.
Lo scontro sulla leadership si svolge tra la consapevolezza del fallimento dell’azione di governo e l’insostenibilità di una coalizione incapace di uniformarsi alle destre democratiche europee. Qui del resto si evidenziano limiti e logoramento della funzione di guida di Berlusconi: abile e probabilmente insostituibile nel tenere insieme una coalizione di forze eterogenee, ma incapace di passare da una leadership personale alla costruzione di un progetto politico e culturale, da porre a fondamento e vincolo della coalizione. Non sottovaluto Berlusconi o la destra: conosco la sproporzione di mezzi finanziari a loro favore. Nè dimentico il loro controllo sui principali organi di informazione, a partire dalle televisioni. Il centrosinistra, per vincere, dovrà impegnarsi a fondo e fare affidamento oltre che sulla capacità di mettere a nudo i fallimenti della destra, su un forte, chiaro e alternativo programma di governo. Dovrà rafforzare la sua unità e contare in primo luogo sulla partecipazione dei cittadini, a partire dall’appuntamento delle primarie, il 16 ottobre per scegliere il candidato dell’Unione alla Presidenza del Consiglio. Tutto questo è più che vero, ma nulla toglie al fallimento del governo della destra, alla crisi che investe le identità costitutive della coalizione. Piuttosto a me pare di dover sottolineare errori, contraddizioni ed impostazioni non condivisibili della stessa UDC, che pure può rappresentare il disegno di ancoraggio europeo della destra italiana. L’UDC in questi anni ha talvolta cercato di essere la coscienza critica della destra, ma ha poi finito sempre per allinearsi e votare tutti i provvedimenti voluti da Berlusconi, dalle leggi ad personam allo sfregio alla Costituzione, dai condoni ai provvedimenti sull’informazione o contro l’autonomia della magistratura. Se l’Italia, in Europa, è l’unico paese in recessione, con il più alto costo della vita tra i paesi dell’euro, con i conti pubblici in disordine, si deve a tutta quanta la destra, senza eccezioni. Per questo la discontinuità necessaria non è soltanto quella di avere Casini o Formigoni o Fini al posto di Berlusconi, bensì quella di nuove politiche, differenti priorità, diversi metodi di governo. Nella destra attuale Berlusconi è al tempo stesso insostituibile ed un impaccio pesante. Condanna la destra ad un immobilismo o volta volta a scelte in contrasto con il bene del paese, quando non avventuriste. L’UDC avverte questo stato di cose, la contraddizione in cui si dibatte e tenta di uscirne proponendo, a cinque mesi dal voto, ritorni al proporzionale, cioè di fatto il superamento o l’indebolimento del bipolarismo. Non è questa la strada. Il bipolarismo va migliorato e rafforzato. É indispensabile alla democrazia italiana. I cittadini con il loro voto devono continuare a scegliere le maggioranze di governo. Impediremo ritorni indietro, che ci allontanerebbero dall’Europa. Le leggi elettorali si cambiano con il consenso delle opposizioni, non a colpi di maggioranza. E la destra, oltretutto, dopo le regionali, non è neppure maggioranza nel paese. La riorganizzazione della destra non passa da forzature avventuriste nè da disegni regressivi per il sistema politico e l’intero nostro paese. Una vittoria del centrosinistra alle prossime elezioni politiche, potrà far tramontare definitivamente il berlusconismo. Se ciò avverrà, sarà importante per l’Italia e farà bene anche alla destra. Potrà rifondarsi e riorganizzarsi. Altre vie, positive anche per il paese, non ce ne sono.