Articolo del senatore Vannino Chiti, estratto dal suo nuovo libro “La democrazia nel futuro. Le nuove sfide globali, il «caso Italia» e il ruolo del centrosinistra”, Edizioni Guerini e Associati. In libreria dal 10 gennaio.

Siamo entrati in un cambiamento d’epoca. Chi ha messo in evidenza questo passaggio non è stato un leader politico, ma Papa Francesco. Niente resterà uguale a prima. Per convincersene basta guardare intorno a noi. La democrazia che conosciamo, costruita nei confini degli Stati nazionali, viene percepita come non più sufficiente e adeguata, di fronte ai processi globali, al tempo stesso non diventando la sua realizzazione su scala sovranazionale un obiettivo condiviso, si diffondono sentimenti e culture ostili alla democrazia, tendenze a involuzioni di tipo autoritario. Su questa inedita e complessa fase di passaggio si sono abbattuti una dura crisi economica e finanziaria e un terrorismo, di matrice prevalentemente islamica, che utilizza in modo strumentale, come legittimazione della sua esistenza e dei suoi crimini, una grande fede religiosa. Violenze, guerre, disastri ambientali, divari di sviluppo hanno spinto milioni di esseri umani a fuggire dai territori di origine e a dirigersi nelle nazioni dell’Occidente. L’impatto della crisi economica, la mancanza di prospettive di lavoro, l’arretramento delle classi lavoratrici, popolari e di quelle medie dalle condizioni di benessere raggiunte, uniti all’insicurezza di fronte alle migrazioni e al  terrorismo, hanno ampliato gli spazi per le forze populiste e reazionarie, per un nuovo fascismo che agita l’Europa, per regimi di segno illiberale. La democrazia è una costruzione degli uomini: può essere revocata, così come le nostre libertà. È indispensabile, perché il futuro non conosca fasi senza democrazia ed eclissi delle libertà, raggiungere l’obiettivo della globalizzazione dei diritti, la realizzazione nelle Nazioni Unite di un embrione di governo mondiale, la costruzione di una democrazia sovranazionale in Europa.  Per riuscirci occorrono almeno due condizioni: la definizione di valori fondamentali nei quali si riconoscano credenti e non credenti. Un’etica mondiale per orientare le società. Senza un’etica condivisa si naviga alla cieca e prevalgono i poteri più forti, i privilegi della ricchezza. In questo ambito, una politica che voglia rinnovare e rafforzare la democrazia deve creare le condizioni per lo sviluppo di un dialogo interreligioso e di quello tra religioni e culture, le une e le altre in grado di coinvolgere la coscienza delle moltitudini. Il riconoscimento della legittimità di una presenza delle fedi religiose nelle società contemporanee consente di rendere indissolubili laicità e democrazia. Miliardi di persone non devono sentirsi a disagio o estranee perché, credendo in una religione, vengono considerate prigioniere di superstizioni. Devono sentirsi pienamente inserite nella cittadinanza democratica: sta qui il valore fondamentale della laicità. La laicità non si riferisce ai soli rapporti tra lo Stato e le religioni. Fonda prima di tutto l’autonomia delle attività umane. L’altra condizione è quella di saper mantenere unite le iniziative per i diritti civili e politici e quelle per i diritti economico-sociali: convivenza consapevole e rispettosa, dignità per tutti. Insieme, la piena occupazione, un welfare che promuova l’uguaglianza, un fisco fondato sulla progressività. La democrazia non è un approdo irreversibile, il destino scontato del progresso, l’esito del benessere economico. È una conquista che va continuamente rinsaldata, rinnovata, confermata.

 

Vannino Chiti