«Se continuiamo così, rischiamo di consegnare il Paese a Berlusconi. Il dialogo tra le due piazze della sinistra non solo è possibile: è necessario». Vannino Chiti, presidente della commissione Politiche dell’Unione Europea al Senato, ex ministro per le Riforme nell’ultimo governo Prodi, lancia il suo allarme sulle tensioni che stanno spaccando il centrosinistra.
Chiti, qual è la sua impressione sulla contrapposizione tra Pd e Insieme?
«Intanto questa divisione mi lascia una fortissima preoccupazione. Perché se mancano momenti di convergenza e volontà di dialogo, la prospettiva più probabile è aprire Palazzo Chigi al ritorno di Berlusconi. La ventata della destra che sta soffiando in Europa non può non metterci in allarme. Peraltro con un ulteriore problema in Italia: mentre in Germania e in Olanda c’è una destra europeista e democratica, capace di far fronte al lepenismo e ai populismi reazionari, qui manca questo carattere, e ci ritroveremo, accanto a Berlusconi, un fronte sovranista che introdurrà nel nostro sistema ulteriori pericoli».
Il dialogo nel centrosinistra da dove dovrebbe partire?
«Intanto constato che, se tolgo i rancori personali, ci sono molti più motivi di convergenza di quanti ce ne siano nella destra italiana. Purtroppo, nel nostro campo, l’incomprensione e la sfiducia, le rotture anche personali che si sono consumate, stanno deformando la realtà fino a occultare le grandi priorità. Senza pregiudiziali o veti, discutiamo dei temi centrali. Valutiamo, col massimo della oggettività, se nella lotta alle disuguaglianze abbiamo fatto degli errori e correggiamoli. Mettiamo il Mezzogiorno al centro delle questioni nazionali. Affrontiamo i temi della scuola e del lavoro. Insomma, individuiamo quattro-cinque punti programmatici e su questi apriamo il cantiere».
Lei è stato presente a Milano o a Roma?
«A nessuna delle due perché impegnato a Strasburgo con l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Tuttavia, avessi potuto, avrei preso parte a entrambe le iniziative come hanno fatto Andrea Orlando, Gianni Cuperlo. Per marcare questa necessità del dialogo. È il segnale che ci arriva dalla sconfitta alle amministrative. Nella mia città, Pistoia, di cui sono stato sindaco, ha vinto il centrodestra. Ebbene, dopo tanti anni, nei quartieri popolari, ho fatto campagna elettorale casa per casa, e ho percepito intanto una grande dispersione nell’astensionismo dei voti della sinistra, e poi uno scollamento coi bisogni veri del popolo: dai problemi del lavoro alla sanità, che pure in Toscana è peggiorata, fino al rapporto con gli immigrati, verso i quali c’è un atteggiamento che non è razzismo ma una spia di profonda insicurezza».
Come si recuperano questi voti perduti?
«Intanto affrontando i temi veri. Rendendosi conto che per esempio la politica dei bonus non funziona, che togliere l’Imu a tutti toglie risorse ai più poveri. Questo i ceti medi impoveriti lo percepiscono e vedono in maniera ostile l’azione del governo, magari dimenticando quanto fatto di buono per loro».
Come valuta il protagonismo di Prodi?
«Lo conosco da tempo, lo stimo, gli voglio bene. Io non penso che lo muovano ambizioni personali ma la sincera preoccupazione di una sinistra che non sa unirsi, di un Pd che perda la sua vera vocazione che è quella di aggregare il campo dei progressisti. Sente il rischio che questo sogno vada in frantumi e reagisce».
Per responsabilità di Renzi?
«Intanto mi lasci dire che è inaccettabile che in Mdp si dica che il dialogo può iniziare a patto che non ci sia Renzi. È un veto inammissibile. Da parte sua, però, il segretario non può sostenere che “ascolto tutti ma non mi fermo”. Manca un passaggio intermedio, assolutamente necessario, che è quello della discussione, nella quale magari possono maturare temi nuovi e soluzioni che prima non c’erano. Io come altri poniamo il bisogno di questa riflessione, e non siamo gufi né sogniamo caminetti».
Di Pisapia cosa pensa?
«Ho avuto molte occasioni di confrontarmi con lui durante la campagna delle amministrative. All’inizio della sua iniziativa, era partito con l’idea di contribuire alla federazione del centrosinistra. Poi lo scontro tra Pd e Mdp lo ha portato su posizioni più marcate, come accaduto anche a Prodi. In ogni caso il fatto di aver evitato le polemiche e gli scontri personali cui invece non si è sottratto Bersani, indica che un percorso di dialogo c’è e va intrapreso».