Sulla riforma costituzionale dopo mesi di niet, si è svolto un confronto vero che ha dato vita a tre emendamenti: si tratta di una mediazione degna della nostra Carta fondamentale.
I cittadini avranno ancora il diritto di scegliere i propri rappresentanti nel Senato: i consiglieri regionali e sindaci che vorranno candidarsi al Senato si presenteranno in liste e saranno votati quando si tengono le elezioni regionali. I consigli si limiteranno a ratificare le scelte. Nella legge ordinaria, che dovremo approvare in questa legislatura, si dovranno stabilire le modalità: preferenze o collegi uninominali. In nessun caso listini bloccati, già dichiarati incostituzionali dalla Consulta. Come si vede, è possibile superare il bicameralismo paritario senza creare un Senato di nominati con trattative tra e nei partiti, nelle ristrette aule dei Consigli.
Tornano nella competenza del Senato funzioni di rilievo relative al controllo delle nomine, delle politiche pubbliche, alla elezione di due giudici della Corte Costituzionale, al ruolo nelle politiche europee e nei confronti del sistema delle autonomie.
Le nostre modifiche puntavano a evitare che il Senato diventasse un’istituzione inutile, una sorta di dopolavoro, e a farne invece una Camera innovativa con compiti di garanzia, controllo e rappresentanza democratica dei territori.
Rimangono aperte questioni come quella dell’assurdità della presenza di senatori a vita o ex presidenti della Repubblica in questa camera o degli eletti all’estero in quella che darà la fiducia ai governi: la più importante riguarda però l’elezione del presidente della Repubblica. Qui si toccano gli equilibri tra gli organi dello Stato. È sbagliato permettere a chi vince le elezioni alla Camera di eleggersi il presidente: altrettanto un diritto di veto permanente delle minoranze. Bisogna allargare la platea, ripristinando i 59 delegati regionali o aprendo ai sindaci, ai deputati europei, e prevedere che dopo un certo numero di votazioni sia sufficiente la maggioranza assoluta della platea elettorale.
Infine, c’è il problema dell’immunità per i consiglieri e sindaci senatori. Prendo per buone le dichiarazioni della presidente Finocchiaro e del ministro Orlando sull’intenzione di riformare l’immunità. I nostri emendamenti prevedevano che copra solo l’attività di parlamentare e che la decisione del Parlamento sia appellabile alla Consulta. Se non si vuole farlo in questa riforma costituzionale, mi aspetto che lo si faccia subito dopo.
Concordo. E’una soluzione accettabile perché viene riconosciuta l’elettivita’ dei senatori. Comunque e’ bene vigilare ancora. Vannino Chiti e’stato uno dei pochi ad avere le idee chiare sin dall’inizio.
Non sei convincente Compagno Chiti.
La verità è che avete mollato anche questa volta.
Ti suggerisco di leggere le argomentazioni del Compagno Tocci, contrarie a questo papocchio.
Peccato, ci avevo creduto che sareste andati fino in fondo!
Antonio, militante PD Circolo Giustizia Roma
caro presidente come osservatorio falconeborsellino della calabria condividiamo la sua impostazione nel rispetto sempre della costituzione mi auguro che la tua voce e la tua prepazione il parlamento sicuramente non puo fare a meno la figura della boschi si potrebbe pensare di fare a meno perche’ obedisce solo al signor renzi
Antonio, l’anno scorso – 8 agosto 2014 – io e altri senatori del Pd non abbiamo votato la riforma costituzionale. A mio avviso la mediazione che abbiamo raggiunto, dopo mesi e mesi di muro contro muro che non abbiamo cercato noi, consente di dare ai cittadini il ruolo che spetta loro e al senato compiti importanti. Nella minoranza tutti hanno condiviso il fatto che fosse un passo avanti. Ma non siamo una corrente e ognuno fa le scelte finali che ritiene sulla base delle proprie idee.
Carlo e Roberto, grazie per il sostegno. Ognuno nel suo ruolo cerchiamo di impegnarci con serietà.