Come ho detto altre volte il Mediterraneo è la sfida oggi di maggior rilievo per l’Unione Europea. Non si può ignorare la tragedia umanitaria che si sta consumando. Non si può procedere con iniziative dei singoli Stati: ci vuole una politica dell’Unione. Negli ultimi mesi, anche grazie all’impegno del governo italiano, è iniziata un’inversione di tendenza sul tema dell’ immigrazione, oltre che su quello dell’economia e del lavoro. Bisogna però fare molto di più. Forse si muove qualcosa di significativo.
La giornata del 13 maggio è importante: la nuova Agenda sull’immigrazione della Commissione europea contiene un piano giusto e innovativo.
Esso prevede l’obbligo per tutti i 28 paesi dell’UE di farsi carico del diritto all’asilo politico, accogliendo chi sbarca sulle coste italiane o degli altri paesi rivieraschi. Si tratta di un sistema di quote obbligatorie di ripartizione dei migranti già presenti sul territorio dell’Unione. Saranno poi i singoli paesi a occuparsi delle pratiche di asilo o dei rimpatri, così da alleggerire le nazioni in cui i migranti sbarcano e anche quelle in cui la maggioranza dei rifugiati si stabilisce. È una solidarietà responsabile quella che viene attivata.
Si intende allo stesso tempo dare vita ad una lotta serrata, attraverso operazioni navali, al traffico di esseri umani gestito da organizzazioni criminali, il piano prevede aiuti ai paesi di origine dei migranti e a quelli di transito per gestire i flussi migratori.
È doveroso ricordare che i provvedimenti non saranno immediatamente operativi. Il progetto dovrà essere approvato dai primi ministri dei 28 stati e dal Parlamento europeo. Le resistenze e gli egoismi nazionali non mancheranno. Lo dimostrano le parole pronunciate dal premier di estrema destra ungherese Victor Orban: “È un’idea folle quella di dividere gli immigrati fra i paesi dell’Unione, mi opporrò”. Le opposizioni arrivano anche dal fronte africano: l’ambasciatore libico all’Onu ha affermato che la Libia è contraria ad interventi europei nelle sue acque territoriali.
In ogni caso si tratta di una svolta: un piano così fino a pochi mesi fa era impensabile. Bisogna andare avanti con determinazione. Dalla capacità di creare solidarietà, stabilità e pace nel Mediterraneo si vedrà se l’Unione Europea sta diventando una vera democrazia sovranazionale.