L’Unione Europea deve cambiare le sue politiche: priorità assoluta sono misure urgenti per l’occupazione giovanile. Il Consiglio europeo ha all’ordine del giorno, grazie anche all’impegno del nostro governo, le scelte per favorire diritto al lavoro e sviluppo, con attenzione particolare ai giovani. Servono provvedimenti concreti da mettere in campo in pochi mesi. Siamo di fronte ad un’emergenza senza precedenti. Sono ventisei milioni e mezzo i disoccupati nell’Unione. Il dato della disoccupazione giovanile è più grave: 23,5%, in Italia addirittura 41,9%.
Politiche fondate sulla sola austerità, in una fase di crisi così grave, hanno causato aumento della disoccupazione, contribuito alla recessione, non risanato i bilanci degli Stati. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: è fallita la linea imposta dalle destre, al governo nella gran parte dei paesi europei. Anche in Italia i governi della destra sono stati subalterni al pensiero unico dell’austerità: la conseguenza è la gravissima recessione e l’aumento del disavanzo. Bisogna cambiare strada per non vanificare, con il crescere di disuguaglianze, anni di miglioramento delle condizioni di vita e non provocare rotture irreparabili tra le speranze delle giovani generazioni e l’Unione.
Occorre puntare su uno sviluppo sostenibile e duraturo, incentrato su innovazione tecnologica, saperi, benessere diffuso, solidarietà sociale. La civiltà si fonda sulla dignità della persona e i diritti dei lavoratori.
Nell’immediato due sono gli obiettivi: le risorse dell’Unione devono essere indirizzate a favorire l’occupazione attraverso incentivi fiscali e il finanziamento di progetti seri, realizzabili, connotati da sostenibilità e innovazione; occorre superare le rigidità del Patto di Stabilità tenendone fuori gli investimenti produttivi, per l’innovazione, la ricerca, la formazione, la modernizzazione delle infrastrutture. Al governo italiano chiediamo di procedere nella stessa direzione: il Patto di Stabilità interno va modificato. Deve essere consentito ai Comuni e alle Regioni che hanno avanzi di cassa di utilizzarne una parte per favorire lo sviluppo. Guardando alle prospettive dell’Europa del 2020, il nostro compito è la realizzazione di una grande democrazia sovranazionale: gli Stati Uniti d’Europa. Questi temi dovranno caratterizzare nel 2014 il semestre italiano di presidenza del Consiglio dell’UE. L’unione bancaria, di cui si discute in questo Consiglio, è un primo passo, giusto e indispensabile per non ripetere gli errori del recente passato, in cui i cittadini hanno dovuto rimediare a loro spese ai disastri prodotti da operazioni finanziarie irresponsabili. Si dovrà poi procedere al coordinamento delle politiche economiche e fiscali e alla realizzazione di una garanzia unica sui debiti sovrani.
Il salto di qualità passa tuttavia dalla archiviazione di quel metodo intergovernativo che rinazionalizza competenze europee. È questa involuzione che ostacola l’iniziativa delle istituzioni dell’Unione e ci fa essere assenti e divisi anche sulle grandi questioni della politica estera: dalla Siria alla Turchia.
La Commissione dovrà diventare il governo dell’Europa; il Parlamento europeo – in un rapporto di collaborazione con quelli nazionali – Assemblea di indirizzo e controllo; l’attuale Consiglio europeo, il Senato federale dell’Unione.
La fiducia dei cittadini nell’Europa passa per una piena legittimazione di istituzioni avvertite come elitarie e tecnocratiche. Sono necessarie una legge elettorale uniforme per i parlamentari europei, l’evoluzione delle attuali famiglie politiche in moderni e inediti partiti, la coincidenza tra Presidente del Consiglio e della Commissione e la sua indicazione sulla base delle maggioranze emerse dal voto. In prospettiva, l’elezione diretta del Presidente dell’Unione Europea. È questa la sfida di una sinistra plurale. L’alternativa sarebbe l’irrilevanza dell’Europa, dal momento che nessuno dei vecchi Stati può da solo misurarsi con le sfide del XXI secolo.