Sulla riforma della legge elettorale si registrano segnali nuovi e incoraggianti che meritano di essere sostenuti. È importante che si ricerchi un accordo ampio attraverso il confronto, senza volontà di scorciatoie con maggioranze sostitutive. Dalla commissione Affari Costituzionali del Senato emerge una proposta base che può essere approvata entro settembre.
È giusto prevedere uno sbarramento nazionale al 5% per l’accesso alla ripartizione dei seggi o, in alternativa, una soglia dell’8% in 4 o 5 Regioni: nelle democrazie moderne ci sono forze politiche di carattere territoriale e non nazionale che è interesse di tutti non escludere dal Parlamento.
Inoltre, si delinea un’impostazione secondo cui i 2/3 dei parlamentari saranno espressione della partecipazione diretta dei cittadini. È un importante punto di partenza: adesso si tratta di definire la via migliore. Per noi è quella, in parte, con collegi uninominali e in parte con liste proporzionali ed un ristretto numero di candidati, senza le preferenze. Anche sul premio di governabilità mi pare possa essere trovata una buona soluzione assegnando il 15% dei seggi alla lista che arriva prima alle elezioni oppure stabilendo una soglia, ad esempio il 40%, al di sopra della quale scatta il premio.
Mettere da parte il ‘porcellum’ è un passo importante per riavvicinare le istituzioni ai cittadini italiani, ma non l’unico. Dobbiamo finalmente attuare l’articolo 49 della Costituzione: i partiti sono indispensabili alla democrazia, ma devono avere, per la loro vita interna, regole e trasparenza, sottoponendosi anche a controlli rigorosi per i finanziamenti pubblici che ricevono. Per questo è indispensabile dotarli di natura giuridica, superando il loro status di associazioni private. Infine, dopo il fallimento del percorso delle riforme costituzionali, è necessario uno stralcio per la norma che prevede la riduzione del 20% del numero dei parlamentari.
L’aggiornamento della Costituzione era alla nostra portata. Nella commissione Affari Costituzionali del Senato era stato approvato un testo che prevedeva, oltre alla riduzione dei deputati e dei senatori, il rafforzamento del governo parlamentare e una prima differenziazione dei compiti di Camera e Senato. All’improvviso un patto tra Pdl e Lega ha fatto naufragare tutto, in nome di uno scambio tra un mostro istituzionale, che chiamano ‘Senato federale’, e un semipresidenzialismo allo sbando, che si vorrebbe varare passando sulla testa dei cittadini. A conferma dell’improvvisazione di tutta l’operazione va segnalata la clamorosa incoerenza tra la decisione di approvare in Senato, con otto voti di maggioranza, la pseudo riforma costituzionale e, pochi giorni dopo, il voto favorevole alla richiesta della procedura d’urgenza per le leggi che vogliono istituire un’assemblea Costituente. La confusione insomma è grande: con una mano si vota una riforma e con l’altra si avvia un percorso che azzera tutto. Per questo è ancor più importante il lavoro avviato in Commissione: sulla legge elettorale deve tornare a prevalere il senso di responsabilità e la consapevolezza che i cittadini si aspettano da noi risposte serie. Non sono più consentiti colpi di mano.