Caro Direttore, nelle pagine del suo giornale si è aperto un dibattito sulle riforme costituzionali, un tema per me importante e delicato. La Costituzione è la Carta fondamentale della Repubblica, il punto di riferimento dei cittadini. Oggi ancor più di ieri, è il fondamento della coesione della nostra società.
La Costituzione stabilisce che la nostra è una Repubblica parlamentare. La sua seconda parte, relativa all’organizzazione dello Stato, ha bisogno di aggiornamenti e innovazioni. Quando ero ministro per le riforme nel governo Prodi lavorammo per questo obiettivo. Nella commissione Affari Costituzionali della Camera si raggiunse un’intesa su una bozza di riforme. La caduta del governo azzerò tutto.
Personalmente continuo a preferire un governo parlamentare forte. Un’altra via, altrettanto rispettabile, è quella del semipresidenzialismo. In ogni caso, non possiamo approvare modifiche così importanti senza coinvolgere direttamente i cittadini. La Costituzione appartiene a loro, non ai partiti. Chi sostiene che si possa approvare a otto mesi dalla fine della legislatura, addirittura il semipresidenzialismo perché nel paese vi è un dibattito adeguato, non sa di cosa parla. Soprattutto non comprende che i cittadini non concedono più deleghe in bianco, ma vogliono contribuire a decidere. La democrazia non è fatta solo da tecniche e regole di funzionamento delle istituzioni: è al tempo stesso partecipazione e impone coerenza tra i mezzi e i fini perseguiti. A maggior ragione con leggi elettorali non più di impianto proporzionale, i cittadini devono avere sempre l’ultima parola sulle riforme della Costituzione.
Se la proposta del Pdl nasce da convinzioni reali, si proceda secondo uno schema che avevo proposto nei mesi scorsi: si approvi la riduzione del numero dei parlamentari e una nuova legge elettorale, due passaggi indispensabili per il rilancio della buona politica e il rinnovamento della nostra democrazia. Camera e Senato votino poi una mozione di indirizzo sulla più complessiva riforma della Costituzione, che contenga eventualmente le diverse opzioni in campo su governo parlamentare forte o semipresidenzialismo. I cittadini decidano l’indirizzo da seguire e il nuovo Parlamento si doti degli strumenti per realizzarlo.
Chi sostiene che in appena otto mesi si possa varare con serietà una riforma che modifica in modo radicale la Costituzione, dimostra di voler fare a meno di un coinvolgimento dei cittadini. Quale che sia la riforma costituzionale, deve essere sottoposta anche ad un referendum confermativo. Non comprenderlo significa non rendersi conto dell’importanza della Costituzione e della crisi di fiducia che investe i partiti.
De Gaulle fece svolgere due referendum per costruire il semipresidenzialismo in Francia: non mi pare che in Italia si possano violentare le procedure della democrazia.