Il semipresidenzialismo è una proposta rispettabile, anche se personalmente preferisco il governo parlamentare forte. Immaginare di approvarlo in meno di otto mesi e, soprattutto, senza aver chiesto il parere dei cittadini attraverso un referendum propositivo, non è serio e appare una provocazione. È incredibile voler modificare radicalmente la forma dello Stato attraverso un emendamento. L’elezione diretta del Presidente della Repubblica impone di ripensare il nostro assetto istituzionale: in poche parole riorganizzare la seconda parte della Costituzione. Andrebbero rivisti gli equilibri tra i poteri dello Stato. Per fare un solo esempio: come potrebbe il Presidente della Repubblica che guida il governo del paese, essere anche a capo del Csm? A me risulta chiaro che un tale compito potrebbe essere affidato solo a una Assemblea o Convenzione costituente.
Oltre all’insieme dei decreti di attuazione e alla nuova legge elettorale, dovrebbe anche essere approvata una legge sul conflitto di interessi, come, bontà sua, ha riconosciuto lo stesso Alfano. E tutto questo in pochi mesi, dopo che per quattro anni Pdl e Lega hanno impedito a questa legislatura di avere un carattere costituente.
Suona strano che Berlusconi solo ora si accorga che l’Italia ha bisogno di riforme costituzionali e che il Presidente del Consiglio non ha il potere di revocare i ministri e di assicurare una guida efficace dei governi: è stato alla guida dell’Italia complessivamente dieci anni e già una volta si è assunto la responsabilità di far fallire la commissione bicamerale a pochi metri dal suo traguardo. È difficile sfuggire all’impressione che oggi, con la stessa sortita di allora, voglia buttare la palla in tribuna per non finire la partita.
Se davvero si vuole avviare un percorso riformatore di questa portata, dobbiamo approvare una legge costituzionale che consenta di indire – magari contestualmente alle elezioni politiche del 2013 – un referendum propositivo, ad oggi non previsto dalla Carta, in cui si chieda ai cittadini di scegliere tra il modello del governo parlamentare forte e quello semipresidenziale. Di fronte al Parlamento c’è una proposta di riforma che prevede la riduzione dei parlamentari, l’avvio del superamento del bicameralismo perfetto, il rafforzamento del governo parlamentare. È evidente che se si vuole verificare una riforma in senso semipresidenziale, bisogna limitarsi oggi a ridurre il numero di deputati e senatori e approvare una nuova legge elettorale. Non si può a luglio varare il governo parlamentare forte e a marzo proporre ai cittadini l’opzione del semipresidenzialismo.
Una nuova legge elettorale che superi il ‘porcellum’ deve essere varata in ogni caso: se tornassimo al voto per la terza volta con il ‘porcellum’, daremmo un colpo devastante alla democrazia e alla credibilità della politica. Ma non può esservi nessuno scambio tra la legge elettorale e la Costituzione, che non appartiene a i partiti ma ai cittadini. Voglio infine ricordare ai sostenitori del semipresidenzialismo che lo stesso De Gaulle, quando lo istituì in Francia, lo sottopose a due distinti referendum: per la sua introduzione e poi sui suoi contenuti. Non mi sembra che la democrazia italiana possa permettersi di farne a meno.