Ciò che colpisce maggiormente noi occidentali che ci rechiamo in Arabia Saudita sono i modelli di vita diversi. Le donne si mostrano in pubblico solo velate con l’abaya che copre l’intero corpo e il niqāb a coprire il viso. Anche le occidentali devono indossare indumenti che nascondano braccia e gambe. Le ragazze arabe nell’aereo verso la capitale Riyad sono vestite alla maniera occidentale con jeans e magliette attillate ma prima di scendere si cambiano e si coprono. Ciò mostra che la donna si trova ancora in una condizione di eterna inferiorità. Per viaggiare e muoversi le donne saudite devono avere il permesso del padre o del fratello maggiore se ancora appartengono alla famiglia d’origine. Altrimenti del marito, o se vedove, del fratello del marito. È una condizione per noi non condivisibile.
Tuttavia ci sono segnali positivi perché il Re Abdullah ha annunciato che nel 2013 per la prima volta le donne entreranno a far parte del Parlamento e che nel 2015 non solo potranno avere il diritto di voto nelle elezioni municipali ma anche essere candidate. Le donne potranno lavorare come commesse nei negozi di abbigliamento femminile. È già stata inaugurata l’Università mista e si sta sviluppando per ragazzi e ragazze l’esperienza di studi all’estero. Al momento ci sono 100mila giovani arabi all’estero – 40 in Italia – dove frequentano in prevalenza Facoltà di Medicina, Ingegneria e Scienze.
L’impressione è quella che il sentimento di religiosità diffusa sia reale. A Riyad ci sono tante moschee ma a differenza di quelle presenti in altri paesi islamici sono molto sobrie e rigorose, quasi povere. Non c’è ostentazione di magnificenza. L’acqua nelle case è sostanzialmente gratuita perché così prevede la religione islamica e la benzina costa soltanto 0,25 centesimi al litro. Abbiamo direttamente sperimentato il calore e la cordialità proverbiali della ospitalità araba.
Il G20 dei presidenti dei parlamenti – alla sua terza esperienza – aveva come tema la “Crescita economica sostenibile per un mondo sicuro” e tre punti all’ordine del giorno: il dialogo globale tra culture; la crisi finanziaria e il suo impatto sull’economia globale; l’energia per lo sviluppo sostenibile. Ed è stato positivo. Oltre ai rappresentanti dei parlamenti dei paesi membri hanno partecipato, come osservatori, molti paesi orientali come Malesia, Indonesia e Kazakistan ma anche paesi europei non membri del G20 come Spagna, Ungheria e il Parlamento europeo.
Nei miei due interventi, accolti con interesse, ho parlato anche della crisi globale che stiamo attraversando.
In assenza di Francia e Germania (paesi membri) l’Italia ha rappresentato l’Europa facendo sentire il suo peso e le nostre posizioni sono state assunte nel documento finale.
Abbiamo tenuto incontri ufficiali bilaterali con la Federazione Russa, con la Repubblica Popolare Cinese e con la stessa Arabia Saudita ma anche incontri informali con Canada, Messico, Corea del Sud, Libano, Spagna e Argentina.
L’Arabia Saudita ci ha proposto di intensificare i rapporti con l’Italia, anche attraverso il Senato della Repubblica. Già hanno scambi intensi con i Parlamenti europei e con quello degli Usa. Sono molte le risorse che può investire e i progetti da realizzare ma ha urgenza di fare presto perché quasi la metà della popolazione – circa il 40% – è al di sotto dei 30 anni. La speranza è quella che si sviluppino le potenzialità della società, legate principalmente al ruolo della donna, l’affermazione piena dei diritti umani ed un confronto-dialogo tra culture e religioni.