Primo Maggio, aeroporto, fascismo. Argomenti sui quali Firenze e la Toscana si spaccano.
Vannino Chiti, vicepresidente del Senato, partiamo dalla festa del lavoro. Fra la Cgil che si schiera in difesa del Primo Maggio e chi vuol invece lasciare libertà di apertura dei negozi, lei con chi sta?
«Ci sono alcuni valori e simboli che vanno tenuti fermi. Il Primo Maggio è uno di questi. Queste discussioni mi fanno sempre impressione. Se uno en tra nella sala della direzione della Cgil di Pistoia, c’è un grande manifesto che risale alla fine degli anni Ottanta del diciannovesimo secolo e chiama allo sciopero generale i lavoratori per conquistare il diritto alla festa il Primo Maggio. Bisogna stare attenti. Ci sono alcuni valori forti; se si vogliono gesti re in modo diverso, è necessario un consenso generalizzato».
C’è bisogno concertazione insomma.
«Sì. Ci deve essere un accordo generale, come quello che suggeriva il segretario della Cisl Bonanni: un’intesa sulle feste nell’arco di un anno. Però, ripeto, la vedo come eccezione, se largamente condivisa. Non sono per buttare tutti i valori nella spazzatura. Aggiungo due considerazioni pragmatiche. Non è vero che se apro tutti i giorni di festa i negozi aumentano i consumi, è un’idiozia. Se c’è una riduzione dei consumi, non è perché i negozi sono chiusi, ma perché la gente non ha i soldi in tasca. Se uno spende di domenica, non spende di lunedì o martedì».
La seconda considerazione?
«I dipendenti dei centri commerciali sono oggi tra i lavoratori più sfruttati. Sappiamo tutti che viene fatto firmare loro, quando vengono assunti, lettere in bianco in cui si dimettono dal lavoro o sono vincolati a fare orari e turni sottopagati. Se io mi immagino un rapporto tra uguali, e tra uguali non è, l’effetto che ottengo è di dare un colpo a un valore, non aumentare i
consumi, che dipendono da altre cose, ed esporre chi lavora a condizioni di pressione alle quali difficilmente si può resistere».
Chi è a sostegno dell’apertura dei negozi (Renzi) ha proposto di far lavorare gli interinali. Inoltre chi lavora il Primo Maggio viene pagato di più.
«Tutti questi aspetti che lei dice li vorrei verificare in concreto; vorrei vedere quante sono le situazioni in cui effettivamente la paga viene aumentata.
Ripeto, ci possono essere delle eccezioni, ma largamente condivise, e non decise a colpi d’accetta».
Altro tema di spaccatura è su Giovanni Gentile. Due consiglieri di sinistra hanno proposto di togliere salma da Santa Croce. Lei è d’accordo?
«Mi sembra una provocazione priva di senso. Gentile ha certamente aderito al fascismo, ma è stato anche un filosofo importante nella storia della cultura italiana. E stato uno dei massimi protagonisti della filosofia dell’idealismo. Lasciamolo riposare dov’è».
Aeroporto. Anche qui litigi, fra i Comuni della Piana da una parte e la Regione e il Comune di Firenze dal l’altra. Fra chi dice d’aver già dato molto, sobbarcandosi inceneritori e poli universitari e chi vuole sviluppare il sistema aeroportuale.
«L’impostazione della Regione è corretta e la condivido. Bisogna interrogarsi su un aspetto: il sistema aeroportuale toscano deve esserci o no?».
Lei che risponde?
«Io dico di sì. Ha una funzione importante per il centro Italia, è incentrato sul ruolo internazionale dell’aeroporto di Pisa e su un molo dell’aeroporto di Firenze. L’alternativa a queste scelte della Regione è che non ci sarà più l’aeroporto a Firenze, perché esistono problemi di sicurezza e modernità, e quindi non ci sarà più un sistema aeroportuale toscano. Una gamba sola, per quanto robusta, non sta in piedi. Se si ragiona su come realizzare la pista, su quale scegliere delle due opzioni indicate nella variante al Pit, sul massimo di sostenibilità ambientale, il discorso è giusto. Così come è giusto decidere cercando di avere il consenso più largo possibile. Però sono stupito che in Toscana ci si preoccupi più di non avere un sistema aeroportuale toscano e non del fatto che per diversi anni la Toscana è stata al di sotto del Pil nazionale. Non era mai successo nella sua storia».
Il punto insomma è cosa che tipo di Toscana vogliamo.
«La Toscana vuole essere un sistema dentro l’Italia, moderno e giusto, che produce uno sviluppo sostenibile, che si fonda sulla ricerca e utilizza anche strumenti moderni e tradizionali di infrastrutture e comunicazione, oppure vogliamo che la Toscana sia il giardino in cui ci vengono i turisti per vedere e dire ‘com’è bello questo giardino’, e poi se ne vanno? Io non penso che questo possa essere il futuro della Toscana o dell’Italia. Eviterei egoismi territoriali, del tipo ‘il territorio è mio e ci faccio quello che mi pare’».
Ancora si discute, ma un certo pun to la politica dovrà decidere.
«Confrontarsi, ascoltare, coinvolgere non può certo portare a una paralisi. Deve scattare un momento in cui si decide, ma spero che non sia interrotto il canale del confronto e del dialogo responsabile. Io vorrei che qualcuno spiegasse che la Toscana può stare senza un sistema aeroportuale, che è fatto da Pisa e Firenze. Lo ripeto: se cade Firenze, non vive Pisa. Questo deve essere chiaro. Si vuol creare una modernità e uno sviluppo sostenibile oppure si vuol creare, per quelli che non saranno attrezzati a curare il giardino della Toscana, un mare di disoccupazione e una ricchezza e un benessere inferiore a quello degli italiani? Tutti si dovrebbe ragionare da questo punto di vista, compresi i sindaci della Piana. Compresi gli industriali di Prato. La cosa che più mi ha colpito è che Prato, una delle città industriali più importanti, pragmatiche e concrete d’Italia, è contro la modernizzazione dell’aeroporto. Ma è così che si produce uno sviluppo certo?».
David Allegranti