ita_uni_top_left_2401Il 150/mo anniversario dell’Unità d’Italia è un’occasione solenne, non soltanto per celebrare la storia del nostro Paese, ricordare i cittadini che lottarono perché nascesse l’Italia, per farla progredire, per consolidare democrazia e giustizia sociale: dobbiamo farne un’opportunita’ per una riflessione sul nostro presente, le sue luci e le sue ombre, e per costruire il futuro. Dobbiamo, al di là e accanto alle legittime differenze politiche, costruire nuove condivisioni, grandi obiettivi comuni.
La pietra miliare su cui si fonda l’unità del nostro paese, la sua modernizzazione, il suo stesso sviluppo, è rappresentata oggi dalla Costituzione.
In essa sono contenuti i valori che ci uniscono come popolo. É un dovere rispettarli e far sì che continuino ad essere il cemento unificante della comunità italiana. É così che la nostra identità si forma, si arricchisce, partecipa alla grande sfida del nostro tempo: la costruzione della democrazia sovranazionale europea. É così che la nostra storia si trasmette attraverso le generazioni, evitando che si spezzi il filo che le collega. Senza una memoria storica condivisa i popoli cessano di esistere, non hanno un futuro degno.
Condivido la proposta che è stata lanciata sulle pagine del “Corriere della Sera” da Andrea Carandini e Ernesto Galli Della Loggia di creare un Museo della Storia d’Italia. È necessario colmare questo vuoto e dare agli italiani lo spazio in cui possano rivivere i fatti, i luoghi e le persone che hanno segnato l’Italia nei 150 anni della sua storia unitaria. L’unità del paese è un valore forte da difendere e la nostra storia un patrimonio da valorizzare.

La stragrande maggioranza degli italiani – ne sono convinto – condivide questa impostazione. Il Risorgimento ci ha dato uno stato unitario, nel quale ha potuto esprimersi la dignità di un popolo: la Resistenza, dopo gli anni della dittatura fascista, ha fondato la nuova Italia repubblicana e democratica. Per questo un filo rosso, reale non retorico, lega Risorgimento e Resistenza.
Nella Costituzione l’espressione che si riferisce alla Repubblica ed alle sue istituzioni è “una e indivisibile”, accompagnata dal richiamo alla pari dignità, nella diversità delle competenze ed alla necessaria cooperazione tra Comuni, Province, Regioni e Stato Centrale.
L’Italia è chiamata a fare i conti con squilibri storici e non ancora risolti, come quello tra nord e sud, e sfide nuove, accentuate dalla crisi, come il diritto al lavoro, uno sviluppo sostenibile, un ruolo non marginale per le giovani generazioni.

Il federalismo deve collocarsi in questo quadro, come una riforma che accresce democrazia ed efficienza delle istituzioni, le avvicina ai cittadini, rende l’Italia più unita, giusta e moderna. Per questo le parole giuste per costruire il futuro sono quelle della Patria, che unisce i cittadini non sulla base del diritto del sangue ma di quello della residenza legale in un territorio, e dell’Europa, l’Unione dei nostri popoli. Così potremo continuare ad essere protagonisti, dando il nostro contributo alla affermazione della pace, della giustizia, dei diritti umani, di uno sviluppo sostenibile per la persona e per il nostro pianeta.
A questo ci chiama – come si vede anche dai tragici fatti del Giappone, sui quali intendo intervenire la prossima settimana – questo inizio del XXI secolo.