L’8 marzo é una data storica: nacque per onorare la memoria delle tante donne morte lottando per difendere i diritti e il lavoro. Quest’anno ricorre il centenario della prima Celebrazione Europea della Giornata della Donna. É doveroso riflettere sul cammino fatto e sulle tappe che ancora restano da percorrere perché sia davvero garantita l’uguaglianza tra donne e uomini. Purtroppo, in molte parti del mondo, le donne continuano a subire violenze e discriminazioni. Anche nel nostro Paese sono spesso fatte oggetto di maltrattamenti inaccettabili: nelle ultime settimane le nostre coscienze sono state scosse da diverse denunce di violenze sessuali e dalla drammatica morte di Yara Gambirasio, la ragazzina di 13 anni uccisa nella provincia di Bergamo. La crisi economica ma anche etica che caratterizza questi anni ha ampliato gli spazi per i soprusi compiuti contro le donne: vengono calpestati dignità, diritti, viene rilanciata – come ha detto Napolitano – la concezione della “donna oggetto”. Tutto ciò influenza lo stesso mondo del lavoro. Il tasso di occupazione femminile in Italia – sono dati dell’Istat – è al 35,4%, 13 punti in meno dei maschi (48,6%). La disoccupazione femminile è al 21,1% contro il 18,4% di quella maschile. Un dato preoccupante riguarda il part time: per la maggior parte delle donne italiane non è una scelta ma un ripiego, necessario se vogliono lavorare. In base ad un rapporto dell’Eurostat, l’Italia è penultima in Europa per livello di occupazione femminile. In particolare, per le donne senza figli tra i 25 e i 54 anni, il tasso di occupazione nel nostro Paese è pari al 63,9% contro il 75,8 della media dell’Unione Europea. Solo Malta registra una percentuale più bassa, mentre in Germania, si colloca all’81,8% e in Francia al 78,7. Ancora più negativi sono i dati sull’occupazione femminile nel nostro Paese se si considerano le donne con uno o più figli. Dal rapporto Eurostat emerge che, per quanto riguarda le retribuzioni, in Italia la differenza tra uomini e donne è pari al 5%, meno ampia che altrove. Questo dato, in sé positivo, è tuttavia reso fragile dal fatto che i salari italiani sono oggi, tranne che in Portogallo, i più bassi nei paesi dell’Unione. Partendo da questo aspetto, dobbiamo fare molto di più sia riguardo le retribuzioni che per porre fine ad ogni forma di discriminazione. Dobbiamo dare concreta attuazione a quegli obiettivi stabiliti dalla nostra Costituzione, ancora lontani dall’essere raggiunti. Sono necessarie leggi, ma insieme un forte impegno culturale per cambiare i comportamenti e costruire un futuro diverso. Come ha sottolineato il Presidente della Repubblica, è indispensabile un’opera di rinnovamento morale, alla quale le donne, comprese le immigrate che diventano “nuove italiane”, sono chiamate a dare un contributo determinante. La grande manifestazione del 13 febbraio è stata un’importante pagina di democrazia, in cui le donne italiane hanno voluto affermare la propria dignità e il rifiuto di un modello culturale sbagliato, che inquina la società. Hanno dato un apporto decisivo, che deve continuare, per il cambiamento dell’Italia. Berlusconi ha concezioni della donna e della persona fondate sulla loro riduzione a merce. Non è il primo, non è il solo: il problema serio è che ricopre l’incarico di Primo Ministro. Bisogna reagire e rifiutare questa visione che colpisce i fondamenti  della nostra comunità. Dai settori più consapevoli del mondo femminile viene a tutto il Paese una spinta e una richiesta: che si volti pagina e si organizzi la società secondo la parità di generi e i principi dell’etica, dei diritti e dei doveri per ciascuno, della solidarietà e della giustizia sociale.