20 novembre 2008 ore 9.30 – Sala della Lupa – Palazzo Montecitorio

In questa giornata, il 20 novembre 1989, fu approvata dalle Nazione Unite la Convenzione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dall’ Italia nel 1991. Una data importante, una tappa fondamentale lungo la strada delle conquiste democratiche e dell’allargamento dei diritti nella storia dell’umanità. La Convenzione è il primo accordo internazionale esclusivamente dedicato ai bambini e agli adolescenti, che tutela i diritti dei minori. In essa furono sanciti nuovi principi e nuove norme internazionali: l’interesse superiore del minore, in tutte le situazioni che lo riguardano.
Non è sempre stato così e purtroppo non è ancora davvero così nella vita concreta dell’umanità.
Per secoli i maltrattamenti e lo sfruttamento dei bambini, nel nostro Paese, così come negli altri paesi del mondo, spesso non venivano adeguatamente puniti e neppure perseguiti dalla legge. I bambini venivano considerati proprietà dei loro tutori che potevano disporre della loro vita, senza alcun limite.
Quest’anno la giornata nazionale per i diritti dei bambini e degli adolescenti, – una occasione importante per riflettere sui diritti violati nell’intero pianeta, a partire da quello supremo del diritto alla vita. Anche io rivolgo un pensiero all’emergenza provocata dalle guerre, in primo luogo nel Congo; al nutrimento, alla salute, all’istruzione – ha come tema centrale l’accoglienza e integrazione dei minori stranieri in Italia.
Prima di svolgere alcune considerazioni più specifiche voglio però sottolineare la mia condivisione della scelta di istituire anche in Italia il Garante per i Diritti dei bambini e degli adolescenti. Ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge che si colloca in continuità con iniziative del governo della scorsa legislatura; proposte di legge sono state presentate dalla opposizione. Vi sono dunque le condizioni per ricercare non soltanto un’ampia convergenza ma un’iniziativa congiunta di maggioranza e opposizione – questo è il mio auspicio e questo del resto ieri richiedeva la Ministro Carfagna – per una rapida conclusione dell’ iter magari attraverso l’attribuzione della sede legislativa alle commissioni competenti.
Al tempo si può cogliere questa opportunità per procedere ad una riorganizzazione degli strumenti, sia parlamentari che di governo, che affrontano le questioni dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Il dossier Caritas 2008 stima in circa tre milioni gli immigrati regolarmente presenti in Italia e di questi i minori non comunitari ricongiunti nel corso del 2007 sono ben 32.744. Il 2008 è stato addirittura l’anno record per l’ingresso degli immigrati nel nostro Paese.
Fino a qualche anno fa la popolazione immigrata era costituita da una prevalenza di persone impegnate in attività produttive – quindi soprattutto lavoratori maschi adulti – mentre ora si assiste ad un progressivo riequilibrio. In questo contesto, l’arrivo dei figli dal paese d’origine, attraverso le procedure di ricongiungimento familiare, o la loro nascita qui in Italia, hanno contribuito in modo significativo a mutamenti profondi. Inizia ad emergere la necessità di un inserimento meno marginale nella società e, in seno alle comunità immigrate di primo arrivo, sono nate nuove aspirazioni e aspettative per la “ riuscita sociale ” dei figli.
Si manifesta anche un fenomeno serio, da affrontare con urgenza: i bimbi nati da genitori stranieri hanno una mortalità nel parto o nei primi mesi di vita quasi doppia rispetto a quella dei figli di genitori italiani. Dipende dalle condizioni materiali di vita, cioè dalla povertà, ed anche dalle conoscenze, dalla cultura, dall’accesso ai servizi. Se vogliamo parlare non in modo retorico di diritto alla vita, su questo occorre subito intervenire, richiedendo a noi stessi un impegno eccezionale, in primo luogo a Governo, Regioni e ASL.
Parlare di integrazione sociale significa concepire l’immigrazione come un fenomeno di lungo respiro, che attraverso varie fasi, giunge ad una piena cittadinanza basata sul rispetto reciproco tra culture diverse e sulla possibilità reale per l’immigrato di partecipare e contribuire attivamente alla vita della società in condizioni di parità.
Parità di diritti e doveri tra quanti vivono nello stesso paese. Il riferimento per tutti alla Costituzione come base fondamentale per la nostra convivenza.
Possiamo immaginare quali sentimenti di nostalgia, di smarrimento per la perdita di luoghi conosciuti, parenti, amici accompagnino il viaggio dei piccoli migranti verso l’Italia, un paese nuovo, sconosciuto che diverrà il loro paese, spesso il paese della loro vita.
Sono viaggiatori non per scelta, che si trovano quasi sempre catapultati in un’altra parte del mondo all’improvviso, senza che vi sia una preparazione al distacco. Tahar Ben Jelloun li ha definiti la génération involontaire, una generazione involontaria, destinata ad incassare colpi: questi giovani non sono immigrati nella società, lo sono nella vita. Una generazione involontaria che, nei paesi europei, è cresciuta notevolmente negli ultimi anni, rendendo il fenomeno di difficile gestione.
I minori immigrati si trovano coinvolti in molteplici passaggi: dal paese di origine a quello che li ospita, dalla cultura familiare a quella della scuola, dal mondo interno della dimora a quello esterno, dai suoni familiari e affettivi della lingua madre alle parole all’inizio indecifrabili della seconda lingua.
Il Presidente Napolitano incontrando alcuni giorni fa al Quirinale una rappresentanza dei “nuovi cittadini” italiani, di giovani che hanno ottenuto la cittadinanza nel 2007, invitava a “procedere con serietà” nelle scelte sull’immigrazione e a rispettare gli “elementari diritti umani che non possono conoscere barriere”.
Creare un clima di apertura, questo è stato il suo richiamo, perché gli stranieri che diventano italiani sono “un fattore di freschezza e di forza” per il nostro Paese.
L’investimento più giusto e più grande è quello verso i bambini che sono in Italia senza essere cittadini italiani: sono i bambini figli di immigrati. Sono qui con un permesso di soggiorno legale. Guai a non pensare che questi bambini abbiano gli stessi diritti degli altri. I diritti fondamentali, sanciti nella nostra Costituzione, sono di tutti bambini che si trovano nel nostro Paese, senza eccezione alcuna. Comunque siano entrati in Italia, comunque siano entrati in Italia i loro genitori, i loro diritti sono gli stessi dei figli di italiani.
Impegniamoci tutti insieme ad adottare subito un provvedimento, che esiste in altri paesi, ad esempio in Francia: un bambino che nasca in Italia da genitori immigrati, deve da subito poter assumere la cittadinanza italiana senza dover aspettare la maggiore età e procedure burocratiche più o meno complesse.
Non è tutto? Lo so bene, ma è un inizio che ha un significato concreto non solo – e conta anche questo – simbolico.
Un compito grande spetta alle famiglie, dunque a noi tutti come cittadini e in quanto genitori: quello di educare. Dobbiamo riscoprire ed assumerci questa responsabilità, compresa l’attenzione a tutelare i bambini da messaggi negativi talora legati ai media o alle nuove tecnologie informatiche. I valori condivisi, i comportamenti, l’apertura agli altri e non la paura, il rispetto rigoroso della legalità e la non violenza si trasmettono con le parole e la coerenza di quello che facciamo.
Il ruolo della scuola è primario. È nella scuola che si apprendono le conoscenze, un metodo del sapere che ci aiuta nel corso della vita. Nella scuola, l’uno accanto agli altri, si vivono esperienze comuni di impegno e socialità. Qui – dagli asili nido al ciclo della scuola per l’infanzia, elementare e dell’obbligo – si costruiscono quelle uguaglianze di opportunità senza le quali parlare di valorizzazione del merito diventerebbe poco più che finzione. Il merito deve essere premiato, ma consentendo che non ci siano predestinati all’esclusione.
La scuola deve anche formare cittadini: in Italia, come già si fa negli USA, facciamo conoscere ai bambini e alle bambine fin dalle elementari il Preambolo della nostra Costituzione. È il fondamento della loro vita, dei loro diritti e dei loro doveri.
L’impegno nei confronti dei bambini, per evitare loro sofferenze, far vivere una infanzia il più possibile gioiosa, consentire di diventare adulti esprimendo pienamente intelligenza e creatività, è il dovere di noi tutti. Misura la civiltà di un paese, così come la misura l’arricchisce e la capacità di confronto e di incontro tra culture.
C’è una frase che alcuni attribuiscono addirittura a Dante: Tre cose ci sono rimaste del paradiso: le stelle, i fiori e i bambini. Probabilmente non è del grande poeta ma è comunque bella. Soprattutto ci permette una conclusione: sono i bambini i più importanti.