Roma – Ministro Chiti, che aria tirava in consiglio dei ministri? È vero, come dice Ferrero, che anche altri erano perplessi sul Dpef?
«E’ stato un Consiglio dei ministri molto impegnativo, dato l’argomento. Ci sono state perplessità e sottolineature ma non sul Dpef. Tutti concordano sullo stato dei conti lasciati dal centrodestra, sull’assenza di interventi strutturali e sulla perdita di competitività. Non c’era un clima di tensione o di rottura, e questo Ferrero lo dice. C’erano preoccupazioni comuni e scelte condivise».

Se è così, perché lo strappo di non votare?
«Io avrei preferito da Ferrero una conclusione diversa, che trasmettesse agli elettori un messaggio di coesione. Ma è sbagliato parlare di strappo. Non corrisponde alla discussione che si è svolta. E sono certo che in Parlamento, al momento dell’approvazione del Dpef, la maggioranza sarà unita. Diciamo che riusciamo a comunicare bene il messaggio di modernizzazione giusta del Paese, meno quello di unità di coalizione».

È sicuro che in aula non ci saranno problemi?
«Tutti concordiamo sugli obiettivi: risanamento, sviluppo, equità. La riserva di Ferrero è che l’intervento complessivo e l’arco di tempo comportino rischi per le politiche sociali. E’ un allarme, non un fatto. Il governo concerterà il decreto con le parti sociali già dai prossimi giorni. Serve un’intesa forte con sindacati e associazioni degli imprenditori e un patto forte di governo con regioni ed enti locali».

Secondo lei, sul no di Ferrero hanno pesato pressioni esterne, magari dei sindacati?
«No. Ferrero è una persona di valore e competenza. Il suo apporto, come per Emma Bonino, prescinde dal partito. La sua è una preoccupazione preventiva. Sono contento che Rc abbia scoperto la concertazione. Ma si tranquillizzino. Tutti la consideriamo necessaria».

Già il ministro Bianchi si era assentato dal cdm sull’Afghanistan. C’è un rischio di dissoluzione della maggioranza?
«Da ministro dei rapporti con il Parlamento, mi rendo ben conto che la legge elettorale ci ha dato una maggioranza esigua al Senato, e che l’Unione è ampia e complessa. Ma sono fiducioso perché alle prove che ci sono state finora abbiamo tenuto. Questi due mesi non sono stati di normale amministrazione: la discontinuità in politica estera, il decreto su risanamento e liberalizzazioni».

L’autosufficienza della coalizione è un dato acquisito? O qualcuno punta ai voti della Cdl? I timori della sinistra radicale hanno qualche fondamento?
«Tutta la maggioranza ritiene che su scelte importanti di politica estera ben venga una convergenza più ampia ma
la maggioranza deve essere unita. Il resto sono pettegolezzi infondati».

Tra questi atti ci sono le liberalizzazioni. Non le pare che alla prima protesta, dei tassisti, il governo abbia ceduto?
«No, davanti agli scioperi selvaggi strumentalizzati a destra i cittadini da Nord a Sud ci dicevano di tenere duro…».

Appunto.
«E noi lo facciamo. Abbiamo posto come condizione per aprire il tavolo la revoca delle agitazioni, ed è accaduto. Ora discuteremo degli strumenti».

Ma i tassisti hanno già ottenuto che saltasse il cumulo delle licenze, la misura più forte prevista. O non è così?
«E’ una questione ancora aperta. Ma se e organizzazioni dei tassisti avanzeranno proposte diverse dal cumulo, bene. Purché il risultato sia: più taxi meno cari».

Il Guardasigilli Mastella avverte: senza coesione della maggioranza «prima o poi serviranno scelte
politiche diverse». Boutade o fantasmi centristi?

«Credo che la maggioranza sia in grado di farcela, abbiamo già dimostrato di non voler soltanto galleggiare. Vedo piuttosto un’opposizione in forte difficoltà con l’incertezza di An e l’insofferenza crescente dell’Udc che cerca un ruolo proprio. Un fatto che saluto con soddisfazione. Non perché cambino le maggioranze ma perché il Parlamento ha bisogno di un confronto aperto e responsabile. E Casini è orientato ad assumersi le sue responsabilità».

Insomma, non sente suonare le sirene della grande coalizione.
«Penso che a fine 2006, cioè tra sei mesi, con l’approvazione della Finanziaria la Cdl si renderà conto che la legislatura dura 5 anni. Anche Forza Italia abbandonerà l’illusione della “spallata” al governo. Allora esploderà la crisi latente da tempo nel centrodestra».

Federica Fantozzi