Roma – «Sulla riforma della Costituzione, il governo non intende essere uno spettatore distratto né l’attore che recita un monologo ma uno dei protagonisti sulla scena: il problema,ora, è individuare un copione condiviso». Detto questo, Vannino Chiti, ministro per le Riforme e i Rapporti con il Parlamento, indica un percorso che raccoglie in parte la proposta avanzata dal professor Giovanni Sartori sul Corriere della Sera di istituire una «piccola commissione» di 9 esperti di diversi orientamenti capace di mettere mano a una riforma coerente della Costituzione.

Spiega il ministro diessino: «L’individuazione delle priorità e di più opzioni spetta alle commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato. E solo in una fase successiva, quindi, vedo con favore l’intervento di esperti costituzionalisti capaci di tradurre in un testo attuativo le scelte elaborate dalla politica. Su questo sono d’accordo con Sartori. Tant’è che, in autunno, promuoverò un seminario interno al governo al quale partecipino i ministri competenti e alcuni dei più importanti costituzionalisti italiani. La parola, poi, al Parlamento».

La proposta di Sartori la convince solo in parte, dunque?
«Le proposte del professor Sartori hanno un merito: si può essere d’accordo o meno, ma i suoi interventi sollecitano sempre una riflessione seria. Tuttavia, in questo caso, non credo che la soluzione individuata sia praticabile e non so se sia fino in fondo giusta».

Se è la politica che indica la strada, quali sono le priorità?
«Un modello di rapporti tra Stato, Regioni e autonomie locali che non crei frammentazione. La riforma del Parlamento che superi il bicameralismo perfetto. Una forma di governo che rafforzi il presidente del Consiglio. Un nuovo sistema elettorale, che si vara con legge ordinaria. Ecco, tutto questo deve seguire un principio di coerenza che, come dire, è riservato agli eletti. Altrimenti, se questo compito lo affidiamo ai costituzionalisti, torniamo a una concezione illuministica della politica: una Carta, anche perfetta, scritta dai massimi esperti e poi ricevuta dal popolo…».

La politica è capace di riformare se stessa disinteressatamente?
«Il referendum ci ha detto che anche il cambiamento di una sola virgola nella Costituzione deve essere fatto con ampie convergenze».

E’ un’autocritica sulla riforma del Titolo V del centrosinistra?
«E’ un’autocritica che abbiamo già fatto. Anzi, ritengo che la rivisitazione del federalismo deve essere costruita con una maggioranza più ampia di quella di governo: per questo le commissioni Affari costituzionali faranno un’indagine conoscitiva sugli effetti del Titolo V».

Dopo il referendum che non ha confermato la riforma della Cdl, qual è lo stato dei rapporti con l’opposizione?
«Ho trovato grande attenzione da parte di Forza Italia, e in particolare quella di Giulio Tremonti, ma anche l’Udc e la Lega sono interessate a un percorso condiviso. E dopo il referendum, questo clima costruttivo non era scontato».

Dino Martirano