Parla Chiti, capolista dell’Ulivo. Ecco chi sono i nostri uomini per il rilancio.
Vannino Chiti: non ci faremo detoscanizzare.

Intervista di Vannino Chiti
Quale è la Toscana che porterà a Roma? In altre parole quali sono i maggiori problemi da affrontare?
«Ne indicherei tre. Innanzitutto il completamento della modernizzazione infrastrutturale (Tirrenica, Due mari, sottoattraversamento ferroviario di Firenze,rinnovamento delle ferrovie regionali). In secondo luogo il rilancio del sistema delle piccole e medie imprese con un innovativo ruolo dei distretti. Infine piena valorizzazione dello straordinario patrimonio ambientale e culturale, come asse di un nuovo sviluppo anche nazionale».
Cosa può fare Roma, cioè il governo e il parlamento, per risolvere la crisi economica della Toscana?
«In tutti i campi che ho indicato il contributo del governo e del parlamento può essere decisivo. Più in generale io credo alla necessità di una concertazione con le parti sociali ed una cooperazione con i soggetti istituzionali: Regioni, Province, Comuni. Altrimenti non si esce dal declino».
Giuliano Amato è candidato al Quirinale e si ritrova dietro di lei nella lista dell’Ulivo toscano. Non prova un qualche disagio?
«Lasciamo stare la Presidenza della Repubblica o il governo:prima bisogna vincere le elezioni. Poi, al momento giusto, si dovrà chiedere a Ciampi, che ha meritato la fiducia della grande maggioranza degli italiani, se sia disponibile a continuare il suo lavoro ».
Ma se Ciampi si opporrà al secondo mandato?
«Se Ciampi non fosse disponibile, certo Amato è uno dei possibili candidati. Dovremo fare una ristretta rosa di nomi, anche con candidature femminili, confrontarci con l’opposizione di destra. Il Presidente della Repubblica, garante della Costituzione, deve possibilmente essere eletto a larghissima maggioranza. Mi auguro nelle prime votazioni. In questi anni la destra ha diffuso anche troppi veleni e divisioni: è utile al paese un’ampia unità. In ogni caso basta parlarne ora. Non giova ai candidati e non ha niente a che vedere con le liste per le elezioni».
Torniamo a lei: si sente in imbarazzo?
«Per niente perché non mi sono autonominato capolista. Ritengo non una pretesa capricciosa che i DS possano esprimere un loro capolista, in una delle regioni in cui siamo più forti. Non siamo più figli di un Dio minore né portatori d’acqua. Infine è giusto legare sempre più i responsabili della politica nazionale ai territori, come avviene nel resto d’Europa. Francamente qualche legame con la Toscana credo di averlo».
Nessuno mette in dubbio che lei abbia le carte giuste per fare il capolista. Certo fa impressione vedere Amato al secondo posto. Forse qualche errore è stato commesso, non le pare?
«No. È stato proposto ad Amato di guidare la lista dell’Ulivo in Veneto. Giuliano può essere capolista ovunque. Poteva anche fare il capolista in Veneto e stare nella testa di lista in Toscana. Come Rosy Bindi. Invece Giuliano ha scelto diversamente, ha deciso così con Prodi. Va bene. Nessun problema e nessun disagio. Al contrario. Abbiamo un ottimo rapporto personale. Lavoreremo insieme. La lista dell’Ulivo in Toscana sarà fortissima come è giusto che sia. Dobbiamo prendere ogni voto possibile, raschiare il fondo del barile e oltre. Non si tratta solo di vincere in Toscana ma di contribuire alla vittoria nazionale del centrosinistra».
Vista da Roma quanto conta la Toscana? E cosa deve fare per contare di più?
« Nel centrosinistra conta, più di ieri e meno di domani. A destra poco, mi pare. Avevano Matteoli ma lo hanno mandato in un ministero nel quale ha dato l’impressione di stare volentieri come in un carcere. E poi la destra non ama la Toscana, sembrano marziani venuti a conquistarci: come possono farla contare di più? Sono nella coalizione dei “detoscanizzatori”, brutta parola inventata da Berlusconi e applaudita come sempre dai Bondi, Bonaiuti, Tortoli,Verdini. Per fare contare di più la Toscana, dobbiamo fare squadra. Abbiamo cominciato».
Sempre vista da Roma, quali sono i personaggi toscani che, a suo parere, hanno un peso nazionale?
«La Toscana ha già molte figure eccellenti, nell’economia, nella scienza,nell’arte, nella politica. Mi limito a qualche esempio: Ubaldo Corsini, un imprenditore di dolciumi che fa grande un’azienda nell’Amiata. Poi ci sono aziende tecnologicamente leader per lo spazio a Firenze e Viareggio. Poi c’è Sergio Giunti: la sua è una delle case editrici più importanti e serie in Italia. Nomi di rilievo sono anche quelli di Paolo Galluzzi del museo della scienza a Firenze, Luigi Donato del CNR di Pisa, Giampiero Maracchi a Firenze. Roberto Piccini protagonista di un rinnovamento della compagnia portuali di Livorno e mi auguro che possa essere la futura autorità portuale. Infine vorrei citare un mio caro amico, Michele Ciliberto della Normale di Pisa. E’uno dei maggiori studiosi di Giordano Bruno. Alcuni suoi libri sono tradotti anche in giapponese. Poi in Toscana c’è la Menarini, una delle poche grandi imprese farmaceutiche italiane protagoniste nel mondo. Ho stima per il cavaliere Aleotti e per sua figlia Lucia».
Da quattro anni il Pil della Toscana è inferiore a quello nazionale. Questione di ciclo economico, delle politiche del governo ecc. Che fare?
«Occorre porre al centro dell’azione politica e di governo la priorità sviluppo,concordare alcune scelte fondamentali con le parti sociali e gli enti locali,fissare obiettivi di breve-medio periodo e perseguirli rigorosamente, concentrandovi le non molte risorse. Ognuno deve fare la sua parte,anche gli imprenditori,che devono essere sostenuti ma devono investire. E il sistema del credito. Bisogna rafforzare e rendere continui i rapporti con Università e CNR. Occorre incentivare la cooperazione e l’irrobustimento delle aziende,il loro agire insieme nel marketing,per le materie prime,il credito,l’innovazione».
E la Regione?
«La Regione si sta impegnando nella giusta direzione, anche per sostenere le piccole imprese nella loro capacità di presenza nei mercati internazionali. Non è solo un problema di risorse: ancor prima è un problema di vicinanza, attenzione, considerazione. Fare concretamente sentire che siamo con il lavoro,autonomo e dipendente,con chi in modo giusto produce ricchezza per sé e per gli altri,per la società. Valorizzare il lavoro. Promuovere pari opportunità di vita per le donne, i ceti meno abbienti. Fare sentire a quanti sono venuti a vivere tra noi, in modo legale, da paesi extracomunitari, di essere cittadini con pienezza di diritti e di doveri. Fare sentire la pubblica amministrazione, dove noi governiamo, amica di chi si impegna e lavora. Di chi ha talento e creatività. Di chi ha voglia di rischiare. Dei giovani ai quali un ordinamento arcaico degli ordini professionali – che noi riformeremo in modo radicale – ruba oggi futuro. In questi campi si è fatto molto ma si può fare ancora di più. Ad esempio dobbiamo portare la pubblica amministrazione almeno al livello dei paesi europei più avanzati,fissando un limite temporale per riuscirci. Sarebbe una importante iniezione di fiducia e un contributo di grande importanza per cittadini e imprese».