Berlusconi ha dimostrato qual è il rispetto che ha delle istituzioni, del Paese e dei suoi stessi alleati».
Vannino Chiti segue con preoccupazione quanto sta avvenendo nel centrodestra, «agitato al suo interno da ricatti e percorso da una crisi che è innanzitutto di identità». Secondo il coordinatore per le relazioni politiche e istituzionali dei Ds, se non ci sarà un cambiamento di rotta in tempi brevi, «ci attendono mesi di logoramento che saranno molto dannosi per l’Italia».

Onorevole Chiti, Berlusconi è uscito dal Quirinale annunciando che non si è dimesso, sorpreso?
«Le sorprese con Berlusconi non sono mai positive. Ora abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione di quale sia il suo senso delle istituzioni. Dopo 15 giorni dall’apertura della crisi siamo al punto di partenza».

Udc e Nuovo Psi sono usciti dal governo la scorsa settimana…
«Sì, ma la crisi si è aperta in realtà il giorno dopo il voto delle regionali. L’hanno consumata al loro interno, senza il minimo rispetto per le regole costituzionali. E ora Berlusconi fa sapere che verrà in Parlamento senza averla formalmente aperta, considerato che non ha presentato le dimissioni al capo dello Stato».

Due ore prima che Berlusconi incontrasse Ciampi, Follini aveva diffuso il testo di una lettera spedita al premier e una nota dai toni soddisfatti in cui si parlava di nuovo governo e di segnale di cambiamento.
«È lo specchio di questa maggioranza che, come ci dice ancora una volta il voto, è minoranza nel Paese. Non si fidano l’uno dell’altro, hanno bisogno di scambiarsi pezzi di carta con dichiarazioni e sottoscrizioni. È una destra che ha bisogno del notaio per andare avanti, priva di una coesione politica, di un programma per l’Italia e anche di un’identità».

Lei crede?
«È di questo che si tratta. Le dichiarazioni della Lega e il comportamento oscillante dell’Udc sono manifestazioni di una crisi d’identità. Follini lo aveva anche detto in una recente intervista. Nella destra italiana c’è il gruppo dirigente di Forza Italia, con in testa Berlusconi e Tremonti, che insieme alla Lega mantiene una impostazione fondata su liberismo, populismo e devolution. Questo non è un orizzonte da destra europea. L’Udc avverte questo scarto e tuttavia sia ora sia in passato, quando Follini prima minacciò la crisi poi entrò nel governo, esprime un orientamento che non riesce a tradurre in azioni concrete».

Una storia che si ripete. Perché, secondo lei?
«La destra italiana è paralizzata dai ricatti interni, e penso di poter dire che per riorganizzarsi e darsi una fisionomia più coerente con l’Europa abbia bisogno di una sconfitta alle elezioni. Da sola non ce la fa a liberarsi di Berlusconi e tuttavia ha compreso che non può più continuare ad essere guidata da Berlusconi».

Al momento sembra invece che il presidente del Consiglio si sia aggiudicato la mano. Fini, dopo che era stata diffusa la nota di Follini, ha detto che Berlusconi si sarebbe dimesso e sarebbe stato creato un governo bis. Poi non ha più detto una parola.
«L’atteggiamento di An è sconcertante. È un partito che sembra imprigionato da un continuo bisogno di legittimazione. Berlusconi ha portato Fini al ruolo di ministro degli Esteri, per questo An è subalterna rispetto alle grandi scelte che vengono compiute. Tuttavia questa operazione non gli sta portando bene, perché ha perso dal 2001 a oggi un terzo dei voti. Ciò che però paga soprattutto An è l’ambiguità, il fatto cioè che è passata per Fiuggi, che Fini è andato a Gerusalemme, ha condannato la Shoah, e però poi lo stesso partito non sceglie il 25 aprile come momento della liberazione dell’Italia dal nazismo e dal fascismo e porta avanti in Parlamento una proposta di legge che equipara i miliziani di Salò ai partigiani. Sono queste ambiguità non risolte che li rende ancora bisognosi di ricevere da altri la legittimazione».

Cambierebbe qualcosa secondo lei, negli equilibri interni al Polo, se An e Udc ottenessero un cambio al ministero per le Riforme?
«Niente se il nuovo ministro non fosse più targato Lega ma andassero avanti sulla riforma costituzionale allo stesso modo seguito fino ad oggi. Che è proprio quello che temo vorranno fare. Ma su questo l’Unione dovrà essere netta: una maggioranza parlamentare che è minoranza nel paese, se ce la fa può continuare a esprimere un governo, ma sicuramente non può sfidare i cittadini italiani e l’opposizione tentando di andare avanti sul cambiamento delle regole costituzionali».