L’importanza delle elezioni regionali è evidente. Avranno un grande peso sulla politica nazionale. Se la destra risulterà di nuovo sconfitta – come è possibile – sarà molto probabile una caduta di Berlusconi alle elezioni politiche dell’anno prossimo. Non solo: la coalizione di destra, tra paure e divisioni, avrà più difficoltà a portare avanti quel suo programma di spostamento a suo favore delle regole, che contribuirebbe ad impoverire ancor più la nostra democrazia.
Non è propaganda o allarmismo generico, come dicono saccenti i politologi “cerchiobottisti” (questa espressione di Scalfari indica quei commentatori che, fatta una critica alla destra, non potrebbero sopravvivere senza avanzarne almeno due al centrosinistra). Modificare la legge elettorale a colpi di maggioranza, a pochi mesi dalle elezioni; abbattere la par condicio nell’unico paese democratico al mondo che vede già il Presidente del Consiglio proprietario del più grande impero televisivo privato, determinerebbe per i cittadini uno svuotamento reale della possibilità di conoscere e scegliere tra i diversi schieramenti politici. Tutto questo si aggiunge alla contro riforma della giustizia ed al progetto che sfregia la nostra Costituzione.
Le elezioni avranno, come ovvio, un peso immediato della vita di quattordici Regioni. Oggi, otto di queste sono governate dalla destra. Primo obiettivo è quello di ribaltare la situazione. In realtà il centrosinistra non parte battuto in nessuna Regione: ovunque possiamo vincere. La destra in questi anni ha colpito i diritti di cittadinanza: scuola, salute, assistenza. Nella nostra società si sono indebolite le pari opportunità tra i cittadini, fondamenti di giustizia sui quali si regge la coesione sociale e la qualità della vita. Lo sviluppo del Paese è bloccato: i recenti dati del PIL smentiscono ancora una volta le previsioni della legge finanziaria. Minore crescita, maggiore precarietà nell’occupazione, alto costo della vita. Tutto questo è al centro del voto di aprile.
Le Regioni hanno in questi settori alcune decisive competenze. Nelle politiche sociali e sanitarie. Nel sostegno al diritto allo studio e nella formazione. Nelle azioni positive per il lavoro. Nella programmazione del territorio. Negli interventi a favore delle piccole imprese e dell’artigianato. Sono solo alcuni esempi. In ognuno di questi campi le scelte delle Regioni governate dalla destra si sono mosse in sostanziale coerenza, anzi spesso subalternità rispetto alle decisioni del governo Berlusconi. Basti pensare alla diversa opposizione nei confronti della vergogna dei condoni. Oppure ai temi dell’inquinamento, con l’acquiescenza ad un immobilismo del governo nazionale, che ha provocato l’odierna drammatica situazione nella vita delle nostre città. Un colpo d’occhio al traffico ci fa dire: inquinati e bloccati. E tutto ciò grazie anche alla destra, alla disattenzione e incompetenza del suo governo.
Un altro esempio verificabile: nelle Regioni governate dalla destra sono stati introdotti i ticket nelle prestazioni sanitarie. La sanità funziona peggio e costa di più, perché la destra la considera un fatto privato e non un decisivo diritto di cittadinanza. Nelle Regioni guidate dal centrosinistra i ticket non ci sono.
Già queste valutazioni possono ragionevolmente sostenere la fiducia in una vittoria del centrosinistra alle elezioni regionali.
Concludo con due considerazioni. A queste elezioni la destra si presenta con un progetto di sfregio della nostra Costituzione, che ha compiuto alla Camera i suoi primi passi. Sfregio confuso e avventuristico. Un pizzico di devoluzione, che annullerebbe una base comune nei diritti di cittadinanza. Un forte ritorno centralistico ed anche una curvatura autoritaria nella nostra democrazia, con i poteri del Primo Ministro e dell’esecutivo. Del resto in questi anni Regioni, Comuni e Province sono stati attaccati dal governo di destra non soltanto sul piano delle risorse, ma nella stessa autonomia.
Anche su questo si vota.
Il centrosinistra infine si presenta unito. Un’alleanza ampia attorno a programmi di governo in grado di affrontare i problemi dello sviluppo, del territorio, delle politiche di cittadinanza. Programmi alternativi alla destra, che ha definito a Roma, tardi e male, tutto: equilibri, candidature, i soliti programmi fotocopia. Questo la dice lunga sul suo federalismo.
Per il centrosinistra la scelta del nome Unione non è una parola al vento. Esprime una realtà, la coesione politica e programmatica. Insieme afferma l’ambizione di un progetto: unire gli italiani in alternativa alle divisioni costruite dalla destra. Restituire fiducia, per costruire un Paese più moderno avanzato e giusto. Protagonista in Europa.