Dopo una sconfitta clamorosa e dolorosa è giusto che il Pd si collochi all’opposizione. L’indirizzo indicato dagli elettori è chiaro: siamo stati bocciati. Ora dobbiamo approfondire le ragioni, riflettere sugli errori che abbiamo commesso. Solo così possiamo ricostruire un’identità e una rappresentanza per tanti italiani.
È importante nelle prossime settimane dimostrarci responsabili e aperti alla collaborazione per le questioni istituzionali: non si può essere indifferenti. In modo autonomo, senza trattative sotterranee e contropartite, dobbiamo dare il nostro contributo per evitare che alla Presidenza della Camera o del Senato vada un esponente del lepenismo europeo. Al tempo stesso dobbiamo poi impegnarci per l’approvazione di una nuova legge elettorale. Il cosiddetto Rosatellum va mandato in soffitta. Sono emersi i difetti già messi in evidenza: farraginosità del meccanismo di selezione degli eletti, imposizione agli elettori di un’unica scelta per uninominale e proporzionale, pluricandidature e paracadutati, nessun incentivo per la stabilità dei governi.
Sarebbe un errore fatale per il Pd e il futuro del centrosinistra prestarsi a fare da stampella ad un governo del M5s. Non si è di fronte ad una sinistra nuova ma ad una forza politica dai tratti populisti, nella sostanza antieuropea. Bisogna recuperare l’identità di una sinistra plurale, programmi coerenti con i nostri valori, la centralità dell’Europa e del lavoro, una politica fondata su maggioritario e alternanza. Se si scopiazzano gli avversari, vincono loro.
Il Pd ha perso voti in favore dei 5 Stelle e in qualche caso della Lega. Se diciamo ai cittadini “noi e loro in fondo siamo simili”, la seconda conclusione del ragionamento per le persone, di fatto, sarebbe “potete votare anche per loro”. Guardando alla crisi della sinistra e delle forze progressiste in Europa e negli Stati Uniti, dobbiamo porci una domanda: quali sono i principali problemi della gente nell’epoca della globalizzazione? Come si risponde al peso delle disuguaglianze? Alle profonde trasformazioni del mondo economico e produttivo? Noi spesso non riusciamo ad ascoltare e a parlare con le classi popolari e allora l’unica risposta arriva da chi cavalca questi problemi per avanzare soluzioni demagogiche, spesso reazionarie. Quelle impostazioni si affermano nel vuoto di una cultura di sinistra e di proposte alternative.
Il Pd deve certamente tenere un congresso. Queste elezioni segnano la necessità di una svolta. Sarebbe però un altro grave errore, nella durezza della sconfitta, riposizionarsi sul teatrino della politica recitata, nel gioco di equilibrio delle correnti, mosse da ricerca di briciole di potere, lontane dai cittadini. Il Pd è e resta un grande investimento politico. Ha potenzialità e può suscitare fiducia e speranza. Non però come è oggi: deve essere costruito. Occorre radicarlo nei territori, aprirlo a volontà di partecipazione e militanza, dotarlo di gruppi dirigenti animati da passione, non da attese burocratiche di incarichi. Sono indispensabili rigore, impegno, lealtà, non fedeltà acritiche. La leadership è un’esigenza, il partito personale no! Così come siamo oggi, al di là di chi diviene segretario, mancano le sedi reali di una partecipazione diffusa e di una comune assunzione delle decisioni.
Il Pd deve ora saper ascoltare il suo popolo; deve diventare il protagonista della costruzione di un nuovo centrosinistra. Può farlo, facendo appello a quanti nella società non si arrendono all’idea di un’Italia piccola e sola, divisa tra una destra a guida lepenista e un populismo confuso e inconcludente.