Nel dibattito politico in vista delle elezioni del 4 marzo ricorre spesso un argomento, da parte di tutti gli schieramenti politici: la nuova legge elettorale, il cosiddetto rosatellum. E si tratta sempre di critiche, prese di distanza. Capisco che lo faccia chi l’ha contestata e non votata a quel tempo. Ma i tanti che l’hanno sostenuta o per lo meno non contrastata?
Ancora prima che crei i suoi primi effetti con il voto, vengono ventilati i suoi difetti. Eppure durante il dibattito in Parlamento non mancavano voci che segnalavano i problemi. Anche io avevo fatto la mia parte, preoccupato per le sorti dell’Italia e del centrosinistra.
Si prevede che verranno annullate più schede rispetto al solito per errori degli elettori nel tracciare la scelta, perché, per esempio, saranno nulle le schede in cui si sceglie un candidato all’uninominale di una lista e un simbolo di partito che sostiene un altro candidato nell’uninominale. È il cosiddetto voto disgiunto, una prassi che gli elettori conoscono e praticano nelle elezioni comunali e regionali, un diritto di scelta che andava garantito. Invece il nome del collegio e i 4 nomi del listino nel proporzionale sono legati tra loro, ci piacciano o meno.
Il voto disgiunto avrebbe scongiurato anche un altro rischio, questo interno al centrosinistra. Solo così sarebbe stato gestibile almeno un patto di desistenza tra Pd e Leu: si sarebbero così evitati duelli in alcuni collegi dove entrambi i partiti sono forti. Non si sarebbe data l’impressione di un disastro a sinistra che scoraggia molti. Al tempo stesso, il centrodestra può fingere che un’alleanza tecnica, fasulla si presenti come una coalizione di governo; sembrano scomparire non solo contrasti e divisioni, ma l’aspetto politico peggiore è l’egemonia dei lepenisti di Lega e Fratelli d’Italia.
Una critica che viene mossa al rosatellum è anche quella di non consentire alcuna maggioranza chiara, che coincida con gli schieramenti pre-elettorali. Premesso che in una Repubblica parlamentare non si può avere una legge che “assicuri” a priori una maggioranza e che è fisiologico che questa possa formarsi in Parlamento, altra cosa è, con il rosatellum, avere pressoché la certezza di non dar vita a governi coesi e stabili. Avremmo potuto e dovuto varare una legge più maggioritaria che incoraggiasse il formarsi di maggioranze di governo. Prevedendo un 50% di collegi uninominali e la doppia scheda. Più collegi significa anche maggiore collegamento tra eletti ed elettori.
E non si prendano in giro i cittadini, aprendo discussioni sui candidati premier: non sono da indicare, la legge rende questo esercizio inutile. Sarà tema del dopo voto. Fingere anche sul premier dà un’ulteriore spinta al non voto, che rappresenta un serio pericolo il 4 marzo.
Prendo atto che da molte parti già si chieda un cambiamento profondo della legge. Meglio sarebbe stato pensarci prima. Mi auguro che questo impegno non sia dimenticato dopo il 4 marzo. È certamente una priorità della nuova legislatura.