Lunedì ho partecipato a Tallinn alla riunione dei presidenti delle commissioni Politiche europee. L’Estonia, presidente di turno dell’Unione, ha posto tra i temi fondamentali quello dei migranti e la necessità di aiutare l’Italia. È un fatto importante, soprattutto da parte di un paese così lontano dal Mediterraneo. È la strada giusta, sono sfide che dobbiamo affrontare insieme. Tra il 2016 e il 2017 il flusso dei migranti verso l’Italia è aumentato del 18%. Il corridoio balcanico invece è stato di fatto chiuso con un accordo con la Turchia e uno stanziamento di 3 miliardi. Per il Mediterraneo, invece, la Commissione Ue ha previsto solo 353 milioni.
Bisogna superare il patto secondo cui, con la responsabilità in capo all’Italia, tutti i migranti soccorsi nel Mediterraneo vengono accompagnati sempre e solo nei nostri porti. Oltre a creare le condizioni per far approdare le navi anche in altri paesi, è giusto fare ricorso a una direttiva europea del 2001, in base alla quale, su richiesta dell’Italia, la Commissione Ue propone al Consiglio di concedere, in casi di emergenza, un visto di protezione temporanea ai richiedenti asilo. A questo sarebbe collegata un’azione per un equilibrio di impegni tra i paesi membri e il dovere di indicare, ciascuno, la propria capacità di accoglienza.
Infine l’Unione deve promuovere un’iniziativa per realizzare la stabilità della Libia; costruire centri di accoglienza, garantendo il rispetto dei diritti umani, in paesi del Nord Africa; attuare un progetto di cooperazione per lo sviluppo e il progresso del continente africano.
Una propaganda reazionaria accosta il tema dei migranti a quello dello Ius soli. È malafede! Con la legge in discussione al Senato, che è un dovere di civiltà approvare entro luglio, non si determina alcuna apertura indiscriminata a nuovi arrivi. La legge stabilisce che sono cittadini italiani i figli, nati nel territorio della Repubblica, di genitori stranieri, se almeno uno di loro ha il permesso di soggiorno Ue di lungo periodo e risulta residente in Italia da almeno 5 anni. Possono ottenere la cittadinanza anche i minori stranieri nati in Italia, o entrati prima di compiere 12 anni, che abbiano frequentato per almeno 5 anni le nostre scuole. Come è chiaro, parliamo di bambini e ragazzi già integrati nelle nostre comunità, che finora trattiamo come cittadini di serie B. La destra italiana, che si dice di stretta osservanza cristiana, vuole l’apartheid per i minori. Senza paura parliamo con i cittadini: sapranno capire e condividere.