“C’è una lezione di ordine generale, che ci viene dalle elezioni amministrative? le sconfitte di Genova, Pistoia – la mia città – La Spezia, Sesto San Giovanni o L’Aquila ci consegnano un messaggio di valenza politica nazionale? Io penso di sì.
Secondo me ci sono almeno tre indicazioni sulle quali riflettere. Parto da un’esperienza personale: gli incontri con i cittadini, nelle case dei quartieri popolari. Le condizioni di vita spesso sono drammatiche: mancanza di lavoro, redditi bassi che talora neanche consentono di pagare l’affitto o di sostenersi le cure mediche, perché nella stessa Toscana la Sanità, anche a causa dei tagli di questi ultimi anni, è peggiorata. Una burocrazia asfissiante e che cerca di rinviare quanto è dovuto – ad esempio invalidità pur riconosciute al 100%, accompagnamento per persone con malattie terminali e pochi mesi di vita (sono situazioni descrittemi in quegli incontri) – per fare cassa e risparmiare. La sinistra, tutta quanta e non solo il Pd, è lontana da questi agglomerati, dove vive gran parte del suo popolo: partecipa ai talk show, si occupa esclusivamente di diritti civili, separandoli irresponsabilmente dalle condizioni economico-sociali delle persone. Andarci soltanto in occasione di un voto non è certo una risposta convincente. Vi è delusione e rabbia nei confronti del Pd: averne consapevolezza non è volontà di alimentare le solite polemiche interne, ma condizione necessaria per poter cambiare, finché siamo in tempo. Sono contestate alcune delle politiche che abbiamo portato avanti in questi anni, come i bonus o l’abolizione indiscriminata della tassa sulla prima casa. Il nostro popolo non ci pone riserve tecniche: contesta il fatto che, se le risorse sono poche, si disperdano in modo uguale su quanti sono poveri o in condizione di bisogno e sui privilegiati. Da queste condizioni di insieme nasce poi un’avversione forte e preoccupante nei confronti degli immigrati, sentiti come un nemico. Stanno passando molte parole d’ordine della destra più reazionaria: un esito che, nelle condizioni materiali che ho richiamato, è amplificato da trasmissioni quotidiane, non solo delle tv commerciali, megafono della destra, ma anche di un servizio pubblico che spesso gareggia (per amore di sponsor?) in qualunquismo anti immigrati e in discredito del Parlamento.
Secondo messaggio per il Pd e il centrosinistra. A Pistoia, ma anche a La Spezia, in qualche modo a Genova e penso quasi ovunque, si sono avute nelle elezioni liste “separate” del centrosinistra. A Pistoia, ad esempio, ben tre, due delle quali si sono poi dichiarate neutrali nel ballottaggio riguardo ad una destra che aveva candidato a sindaco un esponente del lepenismo nostrano. Una di queste liste, che ha avuto al primo turno l’11%, è nata come contestazione, interna al Pd, di un sindaco ritenuto troppo di sinistra: insomma una specie di scissione, questa volta animata da esponenti che si erano caratterizzati per super fedeltà a Renzi. Queste liste nel loro complesso avevano ottenuto quasi il 20% e, ripeto, solo una, quella dichiaratamente di sinistra, nel ballottaggio si è espressa a sostegno del candidato sindaco del Pd. Al di fuori di un quadro generale avverso al centrosinistra, in Europa e in Italia, è probabile che queste divisioni non sarebbero state sufficienti a determinare una sconfitta. Oggi però è la destra ad incalzare, e una nostra responsabilità politica generale è stata quella di non avere sfidato una aggregazione che nel nostro Paese, a differenza della Germania o della Francia, vede confuse in una medesima coalizione una destra democratica ed europeista e una destra reazionaria e lepenista. I valori dell’antifascismo e dell’antitotalitarismo non sono acquisiti all’archivio della storia: come per la legalità, vanno sostenuti e alimentati nella quotidianità del nostro presente.
Ultima lezione che ci viene dal voto del 25 giugno: la politica ha bisogno di ricollegarsi con continuità alle persone. Con queste percentuali di votanti le istituzioni della democrazia rischiano di impoverirsi nella loro funzione. Siamo noi di centrosinistra che dobbiamo avvertire il pericolo e dare risposte convincenti: l’astensionismo è il segno di una perdita di fiducia nella capacità della politica di risolvere i problemi di vita delle persone. È al tempo stesso l’esito di una percezione indistinta delle differenze che dovrebbero esistere concretamente tra centrosinistra e centrodestra. Nessun progetto, grande o piccolo, può affermarsi con successo senza un rapporto che sia capace di coinvolgere i cittadini. A livello nazionale e locale occorre gettare via vecchi modelli pedagogico-giacobini. Ad esempio, le parti sociali vanno ascoltate, le critiche valutate. Le decisioni spettano a chi governa, ma senza forme di dialogo vero il rischio è quello di smarrire la rotta. Quanto ci è costato, al di là del merito, la scelta fatta a proposito dei voucher? Resta il fatto – non è una mia fissazione per partito preso – che oggi noi siamo socialmente e politicamente isolati. E questo è un danno per tutti, perché il Pd, da solo, non è il centrosinistra, ma nessun centrosinistra potrà esistere e vincere senza il Pd. Di fronte alla minaccia di una destra che in Italia è a trazione lepenista, bisogna allora costruire con convinzione e coerenza un centrosinistra che si presenti con un programma nuovo, discusso e sostenuto da quanti guardano a noi e cementato da una unità credibile. Abbiamo ancora il tempo sufficiente per riuscirci in vista delle prossime elezioni politiche.