Non considero la legge elettorale che è all’esame della Camera, per molti aspetti anche di merito, una soluzione positiva. Quello che però è ancor più rilevante è la questione politica che è al centro e sulla quale in realtà siamo chiamati ad esprimerci. Questa legge elettorale, proporzionale con lo sbarramento al 5%, darà come esito politico una coalizione di governo tra noi e Berlusconi, oppure l’assenza della governabilità.
Il Pd è nato per introdurre nella politica italiana l’alternanza tra coalizioni. Non possiamo rinunciare all’obiettivo di ricostruire e impegnarci a far vincere il centrosinistra. La coalizione tra noi e la destra può essere un’eccezione, non diventare, come sta avvenendo, la regola. In questo caso, la conseguenza è non la sconfitta ma la crescita degli stessi populismi reazionari. È questo quello su cui siamo chiamati principalmente ad esprimerci. Non si può oltretutto dimenticare che è stato smantellato, senza neanche provare a sostenerlo, il testo di una proposta di legge che prevedeva il 50% dei seggi con maggioritario di collegio uninominale e 50% con proporzionale e sbarramento al 5%. Nel mentre questa soluzione veniva presentata, si apriva in contemporanea una trattativa con Berlusconi e poi via via in ordine decrescente di importanza con Grillo e Salvini.
Sui rischi per la governabilità futura del paese, sul patto del voto anticipato che sottende a questa intesa, sulle convenienze di ordine personale che l’ha motivata, condivido pienamente le parole chiare, forti e autorevoli espresse dal presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano.
Il patto sul voto anticipato sacrifica leggi importanti di riforma, come quelle che riguardano la giustizia penale, la lotta alla mafia, il testamento biologico, il reato di tortura, i nuovi diritti di cittadinanza: e mette a rischio la tenuta finanziaria del Paese, con l’eventualità di un esercizio provvisorio del Bilancio. Oltretutto il peso rilevante che nell’accordo a quattro ha avuto la scelta del voto anticipato è dimostrato anche dal fatto che per non perdere tempo, si lasciano i collegi nella dimensione prevista dal Mattarellum nel 1993. Da allora ci sono stati due censimenti generali della popolazione e già nel 2005, prima che la destra decidesse di far approvare il Porcellum, si era posta la necessità di una loro revisione.
I cittadini italiani non solo non sceglieranno compiutamente i loro rappresentanti in Parlamento – i candidati eletti nei listini proporzionali bloccati saranno oltre il 60% -, ma saranno esclusi dal determinare con il loro voto le maggioranze di governo. In questi giorni sono uscite interviste significative – e per me del tutto condivisibili – di Walter Veltroni, Giuliano Pisapia, Romano Prodi, Rosi Bindi: tutte mi pare, nella differenza di impostazioni e sensibilità, ci richiamano al dato politico centrale, che sottolineavo all’inizio. Si è di fronte ad una scelta che riguarda il futuro del centrosinistra ed un mutamento probabilmente irreversibile dello stesso nostro partito. Su questo dobbiamo assumerci la responsabilità di decidere.
Condizioni minime, per me, per votare la legge elettorale sono: introdurre alcuni correttivi maggioritari, ad esempio, come suggerisce da Walter Tocci, si potrebbe pensare di istituire piccoli collegi in numero pari ai seggi del Parlamento, da assegnare in modo maggioritario ai candidati che superano il 40% e ripartendo tutti gli altri in modo proporzionale secondo la vecchia legge del Senato; se si mantengono collegi uninominali e listini bloccati, introdurre il voto disgiunto con due diverse schede elettorali; rivedere la configurazione dei collegi, attualmente risalente a ben 24 anni fa.
Io la legge elettorale come oggi è non posso votarla.