“I tempi in cui potevamo fare pienamente affidamento sugli altri sono passati da un bel pezzo, questo ho capito negli ultimi giorni. Noi europei dobbiamo davvero prendere il nostro destino nelle nostre mani. Tuttavia dobbiamo sapere che dobbiamo lottare noi stessi per il nostro futuro e il nostro destino di europei”.
Con queste parole la cancelliera tedesca Angela Merkel ha dato un nuovo, speriamo decisivo, ma sicuramente importante, impulso al processo di integrazione europea. Dopo il rinnovato slancio registrato in occasione delle celebrazioni del 60º anniversario dei Trattati, il G7 di Taormina ha visto la leader di un paese chiave per realizzare una democrazia sovranazionale, assumersi esplicitamente questa responsabilità
Finalmente dai leader europei – non solo Merkel, anche il presidente francese Macron – arrivano prese di posizione e azioni concrete per rafforzare l’Unione. Per troppo tempo l’Europa è stata usata dai governi nazionali – che la dirigono nel Consiglio Europeo – come un bersaglio facile per scaricare fuori dai confini i loro errori. I suoi limiti, che ci sono e appaiono dai cittadini come una zavorra, sono innanzi tutto frutto di un sistema che affida ai governi la guida dell’Unione.
Per me è evidente che nel terzo millennio l’unica possibilità che abbiamo per svolgere anche in futuro un ruolo da coprotagonisti nel mondo è quello di dare vita agli Stati Uniti d’Europa. È necessario darsi un programma e tempi certi per una progressiva integrazione. La cooperazione rafforzata tra alcuni paesi che vogliono andare da subito oltre l’ostacolo, a partire dalla politica estera e di sicurezza, può essere un traino e uno stimolo per gli altri.
Come dice Angela Merkel, dobbiamo lottare noi stessi per il nostro futuro e il nostro destino di europei. Abbiamo la possibilità di incidere in modo decisivo sul futuro del nostro modello economico-sociale, sull’evoluzione geopolitica oltre i nostri confini orientali, sulla stabilizzazione del Mediterraneo e del Nord Africa. Se invece prevalessero tendenze a tornare indietro, ci chiuderemmo tutti dentro confini nazionali e saremmo impotenti di fronte alle sfide del XXI secolo. Si può essere uniti, protagonisti e vincenti, oppure divisi ma coinvolti in un unico destino negativo.