Anche la fine del 2016 e l’inizio del nuovo anno sono stati funestati da tragici attentati: il 19 dicembre l’attentato al mercatino natalizio di Berlino; nella notte di capodanno al nightclub Reina di Istanbul; negli ultimi giorni in Iraq sanguinosi attacchi a mercati e moschee; il 7 gennaio un’autobomba in un affollato mercato di Azaz, nella provincia di Aleppo in Siria; il 10 gennaio due forti esplosioni hanno colpito il centro della capitale afghana Kabul. Una catena di vittime, feriti, distruzioni frutto dell’ideologia omicida del terrorismo internazionale.
È la guerra globale di quest’epoca: asimmetrica, diversa da quelle conosciute. Non si vince con gli eserciti, con le sole armi: richiederebbe una politica, una visione del mondo, oggi assente. Ingiustizie, disuguaglianze, povertà, mancanza di prospettive rendono alcune popolazioni alleate del terrore o indifferenti.
Serve una cooperazione tra le forze di sicurezza e i servizi di intelligence delle principali democrazie, a partire da Stati Uniti e Unione Europea. Proprio l’Unione ha bisogno di fare un salto di qualità al suo interno, prima di poter ricoprire un ruolo da protagonista sulla scena mondiale. La sicurezza e le relazioni internazionali, così come l’immigrazione, la macroeconomia, la tutela dell’ambiente, non sono affrontabili su scala nazionale: sono terreni di una democrazia sovranazionale. Recentemente è stata istituita una forza di polizia di frontiera europea: è un primo passo positivo. La stessa strada va seguita per integrare l’attività dei servizi segreti e delle polizie. Sarà così possibile collaborare con altre potenze mondiali.
L’immigrazione va gestita unendo in modo indissolubile solidarietà e rigore: chi ha diritto all’asilo politico deve essere accolto e integrato, non sopportato. Deve però imparare l’italiano, conoscere la nostra Costituzione, essere disponibile ad una formazione e a lavori di pubblica utilità. La strada della delinquenza è spesso l’esito di una lunga emarginazione sociale. Per tutti, in ogni caso, deve valere l’indissolubilità dei diritti e dei doveri e ogni paese europeo deve farsene carico, come già deciso, in un rapporto di vera solidarietà. L’immigrazione economica deve essere governata sulla base delle reali esigenze dell’economia europea.
L’Europa ha il dovere di far rispettare, i diritti umani nella loro pienezza; al tempo stesso deve svolgere una leadership per contribuire alla diffusione della pace e dei diritti nel continente africano, nel Medio Oriente, ovunque nel mondo. Così prosciugheremo l’acqua in cui cresce il mostro del terrorismo.