Di: Mauro Bonciani

Il senatore Pd Vannino Chiti, chiede a Renzi di ritirare le dimissioni da premier. E vuole un partito che unisca.
Vannino Chiti è ancora deluso per il risultato del referendum, ma guarda avanti. Alle sfide che attendono Matteo Renzi, il Partito democratico, il Paese. Magari con un Renzi-bis.

Senatore Chiti, si aspettava questo voto? «No. Sono amareggiato. Io ero tra coloro che chiedevano più leggi di riforma costituzionale, e non una sola come è stato fatto, proprio perché temevo che si parlasse di Costituzione stravolta, temevo l’impatto di questo argomento. Adesso l’importante è dare stabilità, non giocare a poker con il futuro dell’Italia come fanno Grillo e Salvini».

Renzi deve dimettersi da segretario del Partito democratico come chiede Rossi, che vuole un segretario di garanzia fino al congresso? «Il presidente della Toscana sbaglia. In un contesto di instabilità e confusione come questo il problema non si pone e Renzi deve rimanere segretario del Pd. È significativo che lo stesso Bersani abbia chiesto a Renzi non solo di restare segretario ma anche al governo. E poi che significa di “garanzia”?
Le divisioni ci sono state, ci sono impegni per il Paese e l’Europa, serve un segretario vero».

E il partito che deve fare ? «Occorrono momenti di confronto e ricostruzione, nella chiarezza certo, perché nessuno può far finta che non ci sia stato chi ha fatto campagna contro la linea del partito, e la chiarezza serve per andare avanti, ricreare un clima unitario. Servono regole a questo partito, per costruirlo».

Quindi secondo lei il Pd non è mai nato? «È nato come disegno politico-culturale, come sinistra plurale per i riformisti di governo e che guardano alla sinistra europea. Ma non è mai nato come costruzione che vive sul territorio, come diritti e doveri di militanti ed elettori; non c’è neanche l’albo degli elettori».

Però ci sono le correnti… «Di certo non si può ripetere una vicenda in cui non c’è libertà di coscienza – che va mantenuta, che è prevista, e che interessa ad esempio la bioetica — ma c’è libertà di corrente e si costituiscono dentro il partito campagne elettorali diverse. Non ci può essere chi vota tre volte sì in Parlamento e poi vota no. Prima del congresso ci deve essere un confronto sereno e schietto sul programma di governo e sul partito. Il pericolo non sono le scissioni, ma la frammentazione nel partito. Il Pd è nato per unire, non per dividere e trovo interessanti i percorsi di Zedda e Pisapia».

Renzi è un leader e un leader deve sapere anche unire, dote di cui finora non ha fatto sfoggio: cambierà? «Se Renzi vuole può farlo, anche perché unitario non vuol dire che non si decide mai, che qualcuno ha diritto di veto. Ci sono le condizioni per il confronto, nel rispetto delle posizioni di tutti e per sciogliere i nodi ci vuole la pazienza, non la spada. Renzi è uno dei leader più forti della sinistra europea e la sinistra deve smettere di bruciare i suoi esponenti: coi roghi non si costruisce il futuro».

Nel Pd alcuni vogliono togliere l’equivalenza segretario-candidato premier. E Renzi rischia di dover indicare al Presidente Mattarella un esponente del Pd che non sia lui, contravvenendo quindi allo statuto dem. «È evidente che in questa situazione particolare per qualche mese si potrebbe avere la diversificazione tra premier e segretario, ma io sostengo e difendo questa equivalenza. In ogni democrazia parlamentare il candidato al governo è leader del partito e una delle debolezze di Prodi era proprio che non aveva un partito dietro. Magari poi ci vuole un vicesegretario che faccia funzionare il partito, mentre il segretario segue le vicende di governo, come era il Psi con Craxi e Martelli».

Lei aveva proposto il lodo-Chiti per la legge del nuovo Senato, e adesso si deve comunque fare una nuova legge: che accadrà? «Servono due leggi elettorali, per modificare l’Italicum e per il Senato, e sarà tutt’altro che semplice. Non solo; servono nuovi regolamenti parlamentari per rendere efficace l’azione di esecutivo e Camere, si deve continuare l’azione politica iniziata in Europa perché cambi le sue politiche e si rilanci la Ue, occorrono politiche per il Sud del Paese, azioni anche in Europa per i migranti. C’è tanto da fare».

Renzi quindi deve ritirare le sue dimissioni, continuare a governare? «Ha fatto bene ad annunciarle, è stato coerente, ma la crisi di governo va risolta con un programma per i prossimi mesi, sei o dodici che siano. La maggioranza per governare c’è non c’è motivo, dal punto di vista politico, perché non la possa guidare Renzi. Se poi per motivi personali ritiene che sia giusta per lui una fase di non governo, deve fare a Mattarella proposte per l’esecutivo».

In Toscana il No ha vinto sulla Costa: perché? «Ci ho fatto tante iniziative referendarie e nel No ha pesato anche la crisi economica e sociale, i timori per il lavoro, la precarietà. La Costa è ripartita meno di altre aree della nostra regione. Tra i sindaci ho trovato anche preoccupazione per come è vissuta, e strumentalizzata, la vicenda dei migranti, per il fatto che decidono i prefetti e i sindaci vengono superati».