Il referendum di domenica 4 dicembre è importante per l’Italia: la modifica della Seconda Parte della Costituzione è, ormai da qualche decennio, una necessità. Questa volta siamo a un passo dal traguardo: avere istituzioni più moderne e funzionali, realizzare una democrazia più aperta, forte e partecipativa.
Sostengo con convinzione la necessità di votare Sì al referendum dopo aver compiuto un percorso sempre legato al merito del testo. Non votai la prima versione della legge perché non mi convincevano le modalità di scelta dei nuovi senatori, le garanzie per l’elezione del presidente della Repubblica e dei giudici costituzionali di nomina parlamentare, gli strumenti di partecipazione diretta dei cittadini. La riforma costituzionale è cambiata: rappresenta un buon passo avanti per tutti.
Si supera il bicameralismo paritario: solo la Camera darà la fiducia ai governi e avrà l’ultima parola sulla gran parte delle leggi. Avremo più stabilità, minori rischi di maggioranze di governo ballerine o diverse tra le due Camere, un iter di approvazione delle leggi più snello.
Si istituisce un Senato delle autonomie in cui consiglieri regionali e sindaci rappresenteranno le istante dei territori. I 74 consiglieri regionali che diverranno senatori saranno scelti dai cittadini: è scritto nella riforma in modo inequivocabile, tanto che vi è l’obbligo di approvare una legge elettorale per il nuovo Senato. Dopo la vittoria del Sì procederemo: al momento del rinnovo dei consigli regionali, saremo noi a scegliere i senatori. L’età dei parlamentari al Senato sarà fortemente ringiovanita, e questo non è certo un male.
La riforma razionalizza la divisione delle competenze tra lo Stato centrale e le Regioni: insieme al nuovo Senato nasce un sistema più corretto nel rapporto tra il centro e le periferie.
Come ho sottolineato, gli istituti di garanzia e partecipazione vengono rafforzati: per eleggere il presidente della Repubblica non basteranno mai i soli voti della maggioranza di governo, perché non sarà più sufficiente la sola maggioranza assoluta; i giudici della Corte Costituzionale saranno espressione di diverse sensibilità culturali. I due, su cinque, eletti dal solo Senato avranno una particolare attenzione e sensibilità nei confronti di Regioni e Autonomie locali, consentendo così il maturare di un orientamento più equilibrato nelle sentenze della Corte. Abbiamo visto in questi mesi alcuni ex presidenti della Corte diventare accaniti sostenitori del regionalismo: peccato non avessero le stesse certezze quando hanno svolto il ruolo di giudici costituzionali.
Sarà più facile raggiungere il quorum nel referendum abrogativo e vengono istituiti per la prima volta quelli propositivi e di indirizzo. Il regolamento della Camera dovrà assicurare lo “statuto delle opposizioni”: è la prima volta. Altro che farneticazioni su derive autoritarie: E’ l’ esito che volevamo da tempo.
Il Sì al referendum è una scelta che ha in sé la fiducia e la speranza per costruire il domani del nostro Paese, spazzando via l’immobilismo, rimuovendo incertezze e ambiguità, evitando vuoti politici.
Sono proprio immobilismo, incertezze e ambiguità vuoti politici i pesi che impediscono all’Italia di procedere con un passo giusto e spedito.