Ci sono già 3-4 proposte di nuova legge elettorale, promosse all’interno del Pd: questo mi fa insistere in via preliminare sulla necessità che Renzi affidi ai capigruppo, insieme magari al vice-segretario del partito, l’incarico di costruire una proposta capace intanto di unire la maggioranza di governo.
Due sono le obiezioni fondamentali che a suo tempo, non votandola, alcuni di noi mossero all’Italicum, invano: i capilista bloccati e le pluricandidature; il ballottaggio senza possibilità – non obbligo – di realizzare accordi di coalizione.
Il primo aspetto va in ogni caso cambiato: ci sono due vie maestre per farlo: l’introduzione dei collegi uninominali, che io preferisco, anche attraverso il cosiddetto Provincellum. All’interno di ogni circoscrizione elettorale, saranno eletti i candidati che, tra quanti spettano ad ogni partito sulla base dei consensi avuti, risultano i più votati nei collegi. L’altra via è quella di sottoporre tutti, anche i capilista, alle preferenze.
In entrambe le soluzioni resta lo sbarramento del 3% e l’obbligo di aumentare il numero dei collegi. Farne di più e più piccoli, con un beneficio sia per le spese da sostenere in campagna elettorale, sia per il loro controllo, sia infine – e soprattutto – per un più positivo e stretto rapporto tra eletti e cittadini.
Non sono invece d’accordo ad abolire il ballottaggio. Non sarebbe una buona soluzione quella di rinunciare ad una governabilità costruita sulle scelte e la volontà dei cittadini. Sarebbe una pessima scelta quella che dà all’opinione pubblica il messaggio di un timore per l’eventuale vittoria del M5s, affidando non alla politica, ma ai meccanismi della legge elettorale, l’obiettivo di una loro sconfitta. Questa strada è illusoria.
Infine: io non escludo a tavolino la possibilità di grandi coalizioni, né le demonizzo. Non è inverosimile che l’impegno per rilanciare l’Ue, costruire una democrazia sovranazionale, sconfiggere i populismi reazionari le renda necessarie. Anche in questo caso però devono essere la politica e gli obiettivi programmatici a determinare l’esito, non la disciplina di una legge elettorale.
Per rendere più correttamente praticabile l’eventuale ballottaggio, dal momento che non si elegge direttamente un Primo Ministro né la riforma costituzionale modifica la forma di governo, neppure introducendo – come secondo me prima o poi andrà fatto – la sfiducia costruttiva, vi sono diversi modi. A me sembra giusto prevedere che non soltanto due partiti che sono arrivati in testa al primo turno delle elezioni, ma quelli che hanno superato il 15-18% dei consensi possano partecipare al ballottaggio. Penso che così si possa avere un maggiore equilibrio, una più ampia partecipazione al voto da parte dei cittadini, una scelta più consapevole delle maggioranze di governo.
In ogni caso abbiamo il dovere di tenere insieme rappresentanza e governabilità, non muoverci come un volubile pendolo su uno o l’altro dei poli. Ne va anche della stessa credibilità della politica di centrosinistra.