È impressionante come sia sui media, sia nel mondo della politica e della cultura, non si rifletta a fondo, considerandola una questione davvero centrale, sui rischi di crisi che incombono sulla democrazia rappresentativa.Attaccata dal terrorismo; sfidata e sfregiata da populismi che le oppongono finzioni di partecipazione diretta; incapace di assumere decisioni efficaci per la vita dei cittadini, sta cessando di rappresentare un modello per i popoli. Altre volte, basti pensare al XX secolo, i regimi autoritari sono diventati più attrattivi di quelli democratici: gli esiti sono stati drammatici. Vi sono state guerre e distruzioni, in Europa e nel mondo. È bene non perdere la memoria storica come dimensione del nostro agire collettivo. Il problema al quale la democrazia deve saper rispondere oggi è quello della globalizzazione: non vi è futuro se si rimane prigionieri nei confini degli Stati nazionali. L’economia, il welfare, la sicurezza, la tutela dell’ambiente e il clima, la pace e i diritti umani non sono più affrontabili dai singoli Stati. Qui sono i ritardi: nella riforma dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e, nel nostro continente, nella compiuta costruzione della democrazia sovranazionale europea.
L’Onu è la fotografia ormai ingiallita degli esiti della seconda guerra mondiale: sono assenti dal Consiglio di Sicurezza India, Giappone, Sudafrica, Brasile, o comunque una rappresentanza autorevole dei continenti africano e sudafricano. Vi sono Francia e Gran Bretagna: manca l’Unione Europea.
Quest’ultima è ad un bivio: se non realizziamo una vera democrazia sovranazionale, in tempi ragionevolmente rapidi, vi sarà il declino.
I cittadini europei chiedono uno sviluppo ecologico che abbia al suo centro il diritto al lavoro; la sicurezza, quella sociale, con un welfare rinnovato, e quella dalla criminalità e dal terrorismo; una democrazia fondata sulla rappresentanza reale dei popoli, sulla responsabilità e capacità di decidere nella politica estera, di difesa, nelle grandi scelte dell’economia. Occorre rilanciare i valori cardine dell’Unione: libertà, democrazia, solidarietà, non violenza. Senza questo rilancio, la frase di Kissinger “l’Europa è un gigante economico; un nano politico; un verme militare”, diventerà un epitaffio perenne sui nostri fallimenti.
Nella riflessione da compiere sulle possibili involuzioni delle democrazie, è necessario prestare più attenzione anche alla natura, alle concezioni, ai comportamenti di nuovi movimenti che, in tante nazioni europee, si affacciano sullo scenario della politica.
Noi abbiamo a che fare con il Movimento Cinque Stelle. Non sto a negare che la sua presenza abbia avuto anche il merito di trattenere persone sul piano di un impegno pubblico, impedendo lo scivolamento in aree di contestazione apertamente reazionarie ed anti-democratiche.
Tuttavia vi sono in questo movimento aspetti di gestione autoritaria e condizionamenti, che contrastano con la trasparenza e si caratterizzano come incoerenti con i principi base della democrazia: sottoporli a critica è indispensabile, per il ruolo e la presenza che già ha assunto nella vita delle nostre istituzioni.
L’autocelebrazione attraverso cui si esalta una funzione di direzione che sarebbe affidata ai frequentatori della rete non nasconde la povertà della partecipazione, l’assenza di regole e di controlli, la sostanza di consultazioni che confermano gli obiettivi scelti da ristretti vertici. Nel tanto parlare di rigore appare incredibile il familismo con il quale appaiono attribuiti tanti loro incarichi, dai comuni ai gruppi parlamentari.
Soprattutto appaiono gravi e lesivi della democrazia la selezione dei candidati ad opera di un’azienda, la famosa Casaleggio & associati, e addirittura, una volta eletti, per poter assumere incarichi, la sottoscrizione a suo beneficio di una fideiussione di 150.000 euro. Non si tratta di folclore, come talvolta ci viene rappresentato: è uno svuotamento radicale della rappresentanza. Dietro ad una invocazione retorica dei cittadini, si sposta l’asse decisionale esclusivo sulle volontà e scelte di un’azienda. Attenzione, finché siamo in tempo, perché ad una democrazia che esige una proiezione sovranazionale, ad ora non realizzata, si unisce da noi. In Italia un impoverimento, una sorta di tradimento della rappresentanza. Non è questione da poco, né si può trattare come un dettaglio di colore: è al contrario una questione da non sottovalutare, che incide nella vita della nostra democrazia.