Si può restare indifferenti o giustificarci con un “tanto non è possibile far niente”, di fronte al dilagare della barbarie intorno a noi?
Per restare agli ultimi giorni: a Dacca, 9 italiani e 7 giapponesi torturati e fatti morire ad opera di terroristi perché stranieri e non di religione islamica. Ieri un giovane nigeriano, Emmanuel, assassinato a Fermo, dopo che la moglie era stata offesa con espressioni vergognose e razziste – “sei una scimmia africana” – che dovrebbero essere un monito alla politica, ricordare che nella dimensione pubblica le parole sono pietre, a volte proiettili.
Consiglio la lettura di un articolo di Roberto Escobar “Dalla parte giusta della storia” pubblicato da Il Mulino. Emerge un quadro agghiacciante: paesi europei – come la Danimarca o la Norvegia, un tempo fari di tolleranza e convivenza – che hanno approvato leggi di esproprio dei pochi soldi o di piccoli gioielli di famiglia agli sventurati che fuggendo da guerre, sopravvivendo a traversate del Mediterraneo in mano a squallidi scafisti e prima ancora a percorsi drammatici nel deserto, hanno toccato il nostro continente, convinti di aver coronato la speranza di una vita più degna e sicura.
L’articolo di Escobar ci mostra, nel quadro d’insieme, i muri e i reticolati che ci imprigionano; i volontari arrestati e processati perché prestano aiuto ai migranti, a chi ha diritto all’asilo nelle nazioni dell’Unione Europea.
Una destra reazionaria e movimenti anti-sistema che per un pugno di voti cercano di sfuggire a precise definizioni di schieramento politico, incoraggiano il diffondersi di egoismi, la perdita non solo di sentimenti di solidarietà, ma semplicemente di umanità. Un pericolo attraversa l’Europa e l’Occidente: una barbarie che realizza in forme nuove orientamenti e comportamenti propri di un nazismo culturale e politico.
La sinistra in Europa non è ad ora all’altezza della sfida. Balbetta impaurita, spesso cerca di porre freni all’intolleranza, di addolcire le impostazioni della destra e dei movimenti anti-sistema.
Quasi sempre questi ultimi coincidono con posizioni contrarie all’Unione Europea, al suo divenire compiutamente una democrazia sovranazionale.
Bisogna andare con coraggio e coerenza contro corrente: accoglienza e sicurezza possono e devono caratterizzare le politiche, ma non si riuscirà a farlo senza affrontare con determinazione e sconfiggere razzismi, egoismi, paure irrazionali che ci rendono disumani.
Non possiamo lasciare soli la Chiesa, le sue organizzazioni, come la Caritas, Papa Francesco, non sempre compreso e seguito neppure da tutti i vescovi del Continente.
Né basta da sola la politica. Senza dubbio occorre spendersi giorno dopo giorno, finché siamo in tempo, dal momento che meno barbarie e intolleranza, più solidarietà nella convivenza, segnano il dovere di un impegno, se non si riduce tutto, al di là della retorica, ad interesse personale, anziché a servizio alla collettività.
Tuttavia la politica non è sufficiente. È necessario che scenda in campo con continuità anche il mondo della cultura, dello spettacolo, dello sport: chi per la sua popolarità può influenzare positivamente gli altri, deve farlo, perché un mondo più cattivo, ostile nei rapporti tra le persone, riguarda tutti. Non si può disinteressarsene, chiudendosi nel proprio orticello. La nostra vita è rapporto con gli altri.
Infine un invito agli operatori e ai responsabili dei media, sia della carta stampata che di tv e rete: la loro è una responsabilità enorme, troppe volte spesa male.
Si abbia consapevolezza della funzione svolta.
Dilagano notizie, parole d’ordine di rifiuto dell’altro, volte a suscitare allarmi in assenza di una valorizzazione di quanti operano nel solco della solidarietà. Si dà l’immagine di un’invasione che ci espropria dei diritti. 505 milioni di europei – gli abitanti dell’Unione – incapaci di far fronte ad 1 milione e mezzo di esseri umani, cacciati dalle loro case da violenze e guerre. Turchia, Giordania, Libano hanno fatto fronte a situazioni uguali a quella, di fronte a cui si trova la ben più ricca Europa.
Possiamo ancora farcela, se ognuno sta in campo non rinunciando a quei diritti umani, a quella cultura della solidarietà, che segnano i punti più avanzati del cammino dell’Occidente.
Altrimenti avremo un’Europa più egoista, più sola, più decadente e tutti vivremo peggio, in un isolamento sospettoso, fatto di paure e ostilità. Perché la campana della barbarie e di un nazismo culturale e politico suona per tutti, anche quando si cerca di confonderne il lugubre suono.