I cittadini della Gran Bretagna hanno deciso: lasciano l’Unione Europea. La scelta ormai è assunta: non si può far finta di niente né fantasticare su nuovi referendum. I rapporti politici, economici, commerciali con il Regno Unito dovranno rimanere forti, ispirati ad amicizia e partenariato.
La Brexit è un colpo serio al sogno dell’Europa unita. È il risultato della sfiducia di tanti cittadini verso un’Unione Europea vista come una sovrastruttura burocratica, che si occupa della dimensione delle cozze e non sa affrontare la crisi del lavoro, un impoverimento diffuso, il controllo delle frontiere esterne, l’ospitalità a chi, costretto a fuggire dalle guerre, deve essere accolto in modo solidale in tutti i paesi.
L’Europa, come nella visione dei fondatori, deve essere patria di libertà, solidarietà, democrazia, diritti umani. Oggi non funziona: le politiche di sviluppo sono insufficienti, schiacciate dall’austerità. Nell’Unione ci sono quasi 25 milioni di disoccupati. Occorre garantire benessere e uguaglianza nelle opportunità di vita: il diritto al lavoro, all’istruzione, alla salute, politiche nuove per uno sviluppo sostenibile.
È urgente una riforma delle istituzioni. Domina il metodo intergovernativo: 28 capi di stato e di governo – presto saranno 27 – si incontrano, cercano mediazioni, magari al ribasso, siglano accordi incomprensibili, sopra la testa dei cittadini. Tra di essi alcuni hanno un peso forte se non eccessivo, altri contano poco. Poi per ciò che non va si getta la croce sull’Unione. Così si va a sbattere. Crescono gli istinti dall’antieuropeismo, le forze anti sistema. Sarebbe una catastrofe: nessun paese da solo può essere protagonista nel XXI secolo e tra pochi anni nessuno siederà nel G7.
Sulle competenze dell’Unione deve esserci il metodo comunitario: la commissione diventi il governo europeo, il Parlamento abbia gli stessi poteri che avevano i parlamenti nazionali all’apice del loro ruolo; i paesi dell’area euro svolgano una funzione di traino e si diano strumenti di integrazione fiscale, finanziaria e soprattutto politica.
Le frontiere, terrestri e marittime, devono essere controllate da un corpo di polizia europeo e per la nostra sicurezza l’Unione deve creare una struttura simile all’Fbi.
Non sono auspici: si tratta di obiettivi da perseguire, per dare gambe agli Stati Uniti d’Europa. Questo è il momento di riflessioni attente e di decisioni forti e rapide.