Il 19 giugno ci sono i ballottaggi. I cittadini decideranno i sindaci di tante città italiane, a partire dai centri più importanti: Torino, Milano, Bologna, Roma e Napoli.
È fondamentale il voto ai candidati del Pd: sono davvero persuaso che rappresentino la soluzione più giusta, per competenza, qualità, autonomia, passione per le loro città.
Nei giorni che sono alle nostre spalle si è svolto un dibattito che, ancora una volta, rischia di passare sopra la testa delle persone e di contribuire ad allontanare la politica dalla società.
Il voto dà certamente delle indicazioni generali alle forze politiche, una tendenza su criticità presenti nei rapporti con i cittadini: ma indubbiamente non è un voto sul governo, bensì sulle amministrazioni locali.
Trasformarlo in altro, in una sorta di mini-referendum sul governo nazionale, non è semplicemente strumentale: significa non comprendere né saper apprezzare in sé, per l’importanza che ha, la dimensione dei Comuni e delle Regioni.
Dopo il primo turno, piuttosto, è venuto avanti un fattore politico, che mi pare un errore sottovalutare: la prova, in parte esplicita e in parte sotto traccia, di una “santa alleanza” dei populismi.
Salvini lo ha solennemente annunciato: Alemanno a Roma apertamente messo in pratica. Così di fatto ovunque. Cosa unisce i populismi? L’antieuropeismo; una concezione della politica che diviene concretamente alternativa alla democrazia rappresentativa come la conosciamo e viviamo; l’egoismo nazionale ed il rifiuto del diverso, a cominciare dai profughi dalle guerre; l’ostilità al Pd.
E’ comprensibile: il Pd è in questo momento l’asse fondamentale e insostituibile del sistema democratico nel nostro Paese.
Il governo nazionale non è in gioco, ma sbarrare la strada alla “santa alleanza” dei populismi, nel suo primo manifestarsi a livello locale, è decisivo.
La democrazia non è un’eredità inalienabile: va difesa, sostenuta, rinnovata costantemente, senza se e senza ma, perché riguarda la qualità della nostra convivenza.
Preoccupa la destra italiana. In altri paesi europei, contro il montare dei populismi, stanno una sinistra e una destra democratiche e di governo, tra loro alternative, ma convergenti nell’impegno per sconfiggere quella sfida.
In Italia purtroppo non è cosi. La destra democratica è ambigua, divisa, ad ora, nella sua componente maggioritaria, a guida lepenista. È Marine Le Pen, con la sua ideologia, al posto di comando: Salvini è ai remi. Forza Italia subalterna.
Una ragione in più, domenica, per votare i sindaci del Pd: per le nostre città e per non far correre avventure alla nostra democrazia.