Sulle unioni civili sarebbe stato giusto procedere con due disegni di legge, uno per garantire l’esistenza delle coppie di fatto e uno per riformare la legge sulle adozioni.
Penso che se uno stralcio – non un abbandono – del tema delle adozioni si confermerà non più possibile, si debba da un lato provvedere a dare una famiglia, come è loro diritto, ai bambini già nati; dall’altro, nel consentire all’interno di un’unione civile l’adozione del minore figlio naturale di un partner, ribadire che non si tratta di automatismi ma è il tribunale per i minori che dovrà verificare il consenso dell’altro genitore naturale, la stabilità della nuova comunità di affetti, le condizioni complessive che consentono il pieno e libero sviluppo al bambino.
Non esiste il diritto di una famiglia, né etero né omosessuale, ad avere un figlio, bensì il diritto del minore a vivere possibilmente nella sua famiglia e comunque ad avere una famiglia. Il bambino è soggetto di diritti, non un mero oggetto di desiderio.
Sappiamo bene che è praticamente impossibile, nel solo scenario italiano, dare efficacia vera al divieto di “utero in affitto”. Bisogna almeno impegnarsi per ostacolare questa pratica.
Per il futuro occorre determinare, come condizione per poter attivare la procedura di adozione, una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che assicuri sul rispetto della legislazione del nostro Paese in merito alle pratiche di procreazione vietate.
Mi sono più volte tornate alla mente due ordini di considerazioni.
Per la sinistra occorrono regole, valori nell’economia, mentre nell’etica si considera spesso segno di libertà l’individualismo assoluto, egoistico. Per la destra è esattamente il contrario: neoliberismo senza responsabilità sociale, rigorismo assoluto e spesso arcaico nell’etica.
Solo che sviluppo ed etica non sono separabili con un colpo di rasoio e la politica perde così credibilità, autorevolezza, efficacia.
L’altra considerazione riguarda l’esigenza di non contrapporre etica dei valori ed etica delle responsabilità. Ogni volta che non riusciamo a trovare punti di equilibrio, finiamo per confinarci nella dimensione della testimonianza, alta, nobile ma di scarsa influenza collettiva; oppure possiamo far scadere l’azione politica in un pragmatismo privo di orizzonti, talora ricco di cinismo.
Trovare punti di equilibrio, per conciliare valori e responsabilità, così da renderci capaci di prendere decisioni e realizzare opere a beneficio della comunità nella quale si opera, è l’impegno che ci deve guidare. Non si deve aver timore di ricercare dei compromessi, purché trasparenti e assunti non in contrasto con i valori che ci guidano. Altrimenti la stessa politica perderebbe ogni significato.