1000735_10201777320973865_172330556_nDi: Marzio Fatucchi

Vannino Chiti, ex presidente della Regione Toscana, ora senatore Pd. E cattolico. È stato tra i primi governatori a spingere per una integrazione nel sistema scolastico delle scuole cattoliche. «Ma con programmazione e controllo».

Senatore, il caso di Livorno è pura applicazione delle legge o, come dice la Gei, una sentenza «ideologica»?
«Non conosco nel dettaglio la vicenda ma ricordo che la questione Imu per le scuole cattoliche è già stata affrontata e risolta l’anno scorso da un decreto del ministero dell’economia: sotto una certa soglia di retta, non pagano. Non apriamo una guerra tra Chiesa e istituzioni».

Il Comune di Livorno però si è battuto per questo ricorso. È l’emblema di uno scontro tra mondo laico e cattolico, nella nostra regione?
«No. Il primo Comune in Italia che fece convenzioni con scuole materne cattoliche fu, nel ’76, Pistoia, il primo presidente regionale Gianfranco Bartolini fece provvedimenti analoghi. Quando ero governatore abbiamo costruito norme per quelle scuole diventate riferimenti nazionali. Siamo stati tra i primi a farlo».

Assieme alla Lombardia, a guida centrodestra…
«Con una differenza abissale. Il “modello Toscano” ha sempre fatto perno su programmazione e controllo: publica o paritaria, la scuola deve rispettare criteri di qualità — numero di studenti e insegnanti, formazione docenti, livello dei servizi, non discriminazione — con l’obiettivo che tutti i bambini, dalle materne, abbiano il diritto ad avere un’istruzione. La Lombardia ha puntato solo sull’accreditamento acritico, a volte privilegiando gli istituti parificati — anche in sanità—a cui andavano più risorse che al pubblico. Ma la Costituzione prevede che si debba partire dalle strutture pubbliche. Nel modello lombardo il rischio è la dequaliflcazione dell’esperienza scolastica pubblica oppure, nella sanità, che i privati si concentrino nei settori dove c’è profitto, lasciando al pubblico i servizi residuali. Ho avuto solo motivi di apprezzamento per il contributo delle scuole cattoliche: ho visto la differenza tra le possibilità garantite ai bambini toscani anche grazie a questi istituti e, purtroppo, quelle non garantite altrove».

Ma così non ci si rassegna al fatto che il diritto all’istruzione, e quel «senza oneri per lo Stato» per le scuole private, previsti nella Costituzione, siano stati disattesi?
«Lo Stato non ce l’ha fatta, anche per carenza di risorse. Ma ci devono rimettere i bambini o è meglio comunque dare un servizio di qualità? E siamo sicuri che “pubblico” coincida con “istituzionale”? Quando la Caritas dà assistenza a italiani e immigrati, è servizio pubblico o no? Tutti i servizi forniti da volontariato e associazionismo genuini, no profit, sono pubblici. In Costituzione c’è anche il principio di sussidiarietà».

Quindi più spazio ai privati?
«Dobbiamo sapere che non sempre lo Stato viene prima delle persone. Ci sono prima le persone che si associano, è successo così anche per molte di queste scuole, un volontariato cattolico e socialista si fondavano su mutualità e solidarietà reciproca: valori a volte perduti, anche per la logica del profitto o perché questi soggetti si sono troppo “istituzionalizzati”. Invece dobbiamo dare spazio nella società a forme di mutualità reciproca. E il modo per rispondere a chi, anche nel mio partito, pensa alla eliminazione dei “corpi intermedi”, sindacati o associazioni. La democrazia rappresentativa saprà sfidare la storia quando creerà momenti di partecipazione diretta: questa è la sussidiarietà. Se i cittadini si associano per gestire servizi, non serve farli sentire — o sentirli — come nemici. Occorre solo un controllo serio sulla qualità dei servizi erogati».

È questo approccio che ha fatto sì che tanti toscani, in passato e oggi, siano stati politicamente di sinistra?
«Credo che il cattolicesimo toscano — da La Pira a Balducci, da Don Milani a Meucci, Piovanelli e Don Facibeni — , abbia formato la società toscana ed anche l’orientamento dei progressisti. Potevi trovarti nella Dc, nel Pci o nel Psi, avevi valori comuni. E se questo non si smarrisce, lo si ritroverà ancora nel Pd. Anche per questo motivo mi ha stupito che sia il Comune di Livorno che le scuole interessate non siano riuscite a trovare un confronto e una verifica sulle norme per una mediazione positiva».