1000735_10201777320973865_172330556_nDi: Vannino Chiti

Conosco da molto tempo Carlo Fusaro, da quando era deputato del Pri. Lo stimo anche se spesso abbiamo avuto valutazioni diverse. La politica ha senso se è dialogo: bisogna però stare al merito senza inesattezze.
Nel nostro documento non vi è alcun aumento del numero dei senatori. Al contrario, la riforma, che all’inizio prevedeva un Senato di 150 membri, è stata modificata accogliendo la nostra proposta: 100 senatori. Indicare per la Camera 500 deputati anziché 630 è un’eresia oppure assicurerebbe un migliore equilibrio istituzionale? Non ci sono le condizioni? Questo sarà oggetto di verifica, non una rinuncia, che sacrifica le impostazioni necessarie ad approvare una buona riforma.
Aspetto decisivo è per me l’unità del Pd: su questa base potremo realizzare intese con la maggioranza di governo e le opposizioni disponibili ad una riforma che archivi il bicameralismo paritario.
Da chi insegna diritto pubblico mi aspetterei soprattutto contributi nel merito.
L’iter iniziato in commissione al Senato non è una terza lettura. La Camera ha modificato il testo in diversi aspetti: su di essi, almeno, è ancora prima lettura. Né le nostre proposte puntano a distruggere il lavoro fatto: l’obiettivo è arricchirlo. Un’intesa ampia eviterà un ping pong di modifiche tra Camera e Senato, che spesso porta a un niente di fatto.
Un Senato eletto direttamente dai cittadini, in concomitanza con il voto delle regionali, è ancora più necessario dopo l’Italicum. Per Fusaro è una legge elettorale di cui andare fieri: io penso che si potesse fare meglio, garantendo almeno che la maggioranza dei deputati venisse eletta dai cittadini.
In ogni caso dovremmo essere tutti d’accordo sul fatto che l’ Italicum ha cambiato la forma di governo. Il Primo ministro sarà eletto ed avrà una maggioranza stabile alla Camera.
Ora occorrono – l’ha riconosciuto lo stesso Renzi – “pesi e contrappesi”: Fusaro li considera superflui, noi ci lavoriamo con le nostre proposte.
Ribadisco che è urgente superare il bicameralismo paritario: la sola Camera darà la fiducia al governo e avrà l’ultima parola sulla gran parte delle leggi.
Pensiamo che sia importante risolvere nodi come l’elezione del Presidente della Repubblica, dare alcune funzioni di controllo al Senato, riflettere sui rapporti Stato-Regioni. In alcuni casi era equilibrata la soluzione votata al Senato.
Dove sta lo scandalo? Nel ricercare l’unità per le riforme? Nel volere che a scegliere i senatori siano i cittadini?
Nel 2015 i cittadini non vogliono più dare deleghe in bianco: è una lezione che viene anche dal referendum in Grecia.
Un Senato italiano di consiglieri regionali e sindaci non sarebbe il Bundesrat (non il Bundestag come appare su L’Unità di ieri): nel Senato tedesco siedono i rappresentanti dei governi regionali e votano in modo unitario. Noi avremmo un Senato con i gruppi politici, composto a seguito di accordi all’interno dei Consigli regionali.
Senza arrivare al Giappone, poniamoci una domanda: si intende superare il bicameralismo paritario o avere una sola Camera, eletta con l’Italicum? È evidente come non sia la stessa cosa, non per qualcuno di noi, ma per la democrazia.

8/07/2015