00220068Il referendum in Grecia, al di là delle valutazioni sull’opportunità di indirlo, è un messaggio da non sottovalutare: i cittadini ovunque in Europa vogliono contare di più nelle decisioni.
L’Unione invece va in direzione opposta: il metodo intergovernativo, cioè le decisioni europee affidate ai vertici dei capi di governo, ritardano le scelte e fanno prevalere gli interessi nazionali, spesso egoistici.
Burocrazie, parametri automatici, vincoli di bilancio sotterrano i valori della convivenza comune, la solidarietà, il primato della politica.
Il XXI secolo non ha come protagonisti gli Stati nazionali europei, nessuno di essi, nemmeno quelli più forti e ricchi. Potranno esserlo solo gli Stati Uniti d’Europa. Obiettivo urgente ma che oggi appare lontano, nelle settimane in cui – dall’immigrazione alla Grecia – le miopie nazionali mettono a rischio oltre 60 anni di storia di integrazione.
Si mortifica la Grecia, che rappresenta il 2% del Pil europeo, e si tace di fronte all’Ungheria, che decide di alzare nuovi muri contro la Serbia e cambiare quel diritto all’asilo che è una base su cui si fonda l’Unione. Si discute a lungo su quanti miliardi di spesa deve tagliare la Grecia ma non del ‘Documento dei 5 presidenti’ per completare l’Unione economica e monetaria: è arretrato, inadeguato, ripropone quel metodo intergovernativo che non sta funzionando e anzi è, con la diarchia Germania-Francia, una delle cause dei problemi. Nelle competenze europee deve prevalere il metodo comunitario e si devono stabilire passi e tempi per una democrazia sovranazionale vera.
Nell’immediato, l’urgenza è risolvere l’emergenza in Grecia. Si mettano da parte strampalate e pericolose ipotesi di default e uscita del Paese dall’Euro e si mettano sul tavolo responsabilità e solidarietà. La Grecia ha nel passato le sue colpe: ha truccato i conti e gestito male la sua finanza pubblica. La politica della Troika, con le cure di austerità nel mezzo della crisi, ha peggiorato la situazione economica e quella sociale, senza raggiungere gli obiettivi di risanamento. Ognuno faccia la sua parte: la Grecia metta in campo politiche di riequilibrio dei conti – risanamento sostenibile, non austerity – , di contrasto ai privilegi e di rilancio dello sviluppo. L’Unione europea assicuri il necessario sostegno finanziario e rinfranchi sé stessa con importanti politiche per l’occupazione in tutto il Continente. Dalla crisi si esce con la politica e gli investimenti, non con i miti del rigorismo.