00220068La riforma della scuola è all’esame del Senato. Siamo impegnati per portare a termine un buon lavoro nell’interesse degli studenti, dei docenti e della qualità dell’insegnamento.
Di cosa ha bisogno il nostro sistema scolastico? Di assicurare una formazione universale e un metodo di apprendimento che consentano la promozione sociale delle persone meritevoli, come afferma la Costituzione.
Il Ddl del governo non affronta in modo compiuto questo tema cruciale. In Italia la scuola primaria è valida, anche in riferimento alle esperienze degli altri paesi europei, mentre le medie inferiori non funzionano in modo adeguato e la secondaria superiore presenta differenze rilevanti tra scuole e tra territori. Vi è poi l’abbandono scolastico che è una autentica piaga: il 17,6% degli alunni lascia i banchi in anticipo. È un dato molto distante dall’obiettivo fissato al di sotto del 10% dall’agenda ‘Europa 2020’.
È giusto stabilire l’assunzione di 100 mila precari, non solo perché ce lo ha chiesto la Corte di Giustizia europea, ma per una continuità nell’insegnamento rispettosa dei diritti di chi nella scuola ha lavorato. Bisogna trovare una via d’uscita per gli altri, in modo graduale e non mortificando rigorosi criteri di merito.
È corretto prevedere meccanismi di valutazione degli insegnanti ma ciò deve avvenire secondo criteri nazionali uniformi e attraverso una commissione composta da presidi, professori eletti dal collegio dei docenti, un esperto esterno, se non è possibile oggi affidarla ad un Ente terzo.
Per le donazioni alle paritarie della scuola primaria deve essere stabilito un tetto – 400 euro come per gli istituti superiori – e un fondo di perequazione: 50% alla scuola beneficiaria, 50% a scuole meno dotate di risorse. Altrimenti si avrebbero scuole di serie A e di serie B.
Non sono contrario ad affrontare la questione delle responsabilità e del ruolo dei presidi ma vanno posti in modo diverso da quello dell’Amministratore delegato di un’impresa. La scuola non è un’azienda né non può essere gestita come tale.
L’aspetto positivo è che l’istruzione torna al centro dell’attenzione politica, dei cittadini, della destinazione di risorse. Ora è decisivo saper coinvolgere e convincere chi nella scuola opera: altrimenti qualsiasi riforma rimarrebbe un pezzo di carta.