La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia perché quanto compiuto dalle forze dell’ordine nell’irruzione alla scuola Diaz di Genova il 21 luglio 2001, durante le manifestazioni per il G8, “deve essere qualificato come tortura”. La sentenza condanna non solo il pestaggio subìto da una persona che manifestava e che ha inoltrato il ricorso alla Corte, ma anche l’assenza nel nostro paese di una legislazione che punisca il reato di tortura: un vuoto legislativo che ha consentito ai colpevoli di restare impuniti.
Sembra incredibile ma è così. Il nostro Parlamento ratificò la Convenzione internazionale contro la tortura nel 1988, 17 anni fa. Non ha mai però approvato una norma che introducesse il reato nell’ordinamento giudiziario e le relative pene. Da domani sarà all’esame dell’aula della Camera un disegno di legge già approvato dal Senato, che colma in parte questo vuoto: in parte perché, come ha sottolineato il senatore Manconi, primo firmatario, la legge è stata depotenziata e resa di non facile applicazione. È necessario migliorarla e giungere alla definitiva approvazione in tempi stretti, per dare una risposta concreta alla sentenza della Corte europea. Non è la prima volta che il legislatore si trova a dover inseguire la realtà dei fatti o i richiami di autorevoli istituzioni internazionali.
I fatti di Genova del 2001 sono una pagina buia. Il clima era teso già nei giorni precedenti, anche per responsabilità di frange minoritarie di manifestanti, in particolare i cosiddetti black bloc, che praticavano comportamenti violenti e teppistici. Nei giorni del G8 si verificò tuttavia quello che mai deve accadere in un paese democratico: nel blitz alla scuola Diaz, nella caserma di Bolzaneto e in interventi per le strade della città, componenti delle forze di polizia, con azioni repressive violente e brutali, violarono diritti umani fondamentali. Fu umiliata la dignità di molte persone; un ragazzo, Carlo Giuliani, fu ucciso.
I processi, in cui erano imputati i funzionari di polizia responsabili, si sono conclusi con condanne per reati lievi. La prescrizione ha poi spazzato via tutto. Tutto questo – e non a parole – deve servirci da monito affinché non succeda mai più.