162987_1775975678306_1206766592_32120660_5579519_nL’8 marzo non è solo un giorno di festa: è anche un’occasione per non disperdere la memoria delle tante donne che si sono battute per difendere i loro diritti e realizzare l’uguaglianza nella società.
Il tema non è archiviato: l’obiettivo non è raggiunto. Più che mai dobbiamo riflettere sui progressi compiuti e sulle contraddizioni e ritardi ancora presenti. Ancora oggi in Italia e nel mondo le donne continuano a subire violenze e discriminazioni. La violenza colpisce donne di ogni età e ceto sociale: spesso le aggressioni taciute accadono tra le mura domestiche. È un dovere combattere questo fenomeno, con le leggi, le sanzioni penali ma anche con un impegno collettivo che promuova la cultura della non violenza e sappia educare le giovani generazioni. I valori non si affermano in modo casuale: richiedono coerenza e lavoro di formazione.
In occasione dell’8 marzo di quest’anno era prevista in diversi paesi la proiezione di un film/documentario su uno stupro di gruppo che nel dicembre 2012 a Nuova Delhi costò la vita a una studentessa.

Con una decisione sorprendente, il governo indiano ha deciso di vietarne la diffusione nel suo paese, cioè proprio in una delle nazioni che più ha bisogno di affrontare la diffusa violenza contro le donne. La scelta è stata giustificata con le preoccupazioni di un’atmosfera di «paura e tensione», di rischi per l’ordine pubblico per le dichiarazioni di uno degli stupratori.
Lo stupratore nel documentario ha fatto affermazioni gravi, incolpando la vittima, rea di aver resistito allo stupro. Per lui, «i lavori domestici ed il mantenimento della casa è quello che spetta alle ragazze, e non andare a zonzo nelle discoteche e nei pub di notte facendo cose sbagliate e vestendo indumenti sbagliati…la gente ha il diritto di impartire una lezione». La ragazza «avrebbe dovuto stare calma e permettere lo stupro». Sono parole gravi, ma non frutto di orientamento personale: sono figlie di una cultura barbara, di una concezione di supremazia sulla donna, considerata sempre oggetto. Non sono casi isolati: non riguardano solo l’India. Ma l’India, che è un grande paese democratico, non può sottovalutarli, nasconderli, ignorarli. Dalle nazioni democratiche è doveroso aspettarsi un di più di impegno e sensibilità.
Come ha osservato la regista, la scelta del governo indiano «mina l’appassionata spinta verso l’uguaglianza di genere». Non possiamo che fare nostre queste parole.